DAVIDE DATTOLI RACCONTA TALENT GARDEN

21 campus in 7 Paesi e un network che conta migliaia di talenti, tra startup, freelance, aziende e grandi società. Davide Dattoli, fondatore di Talent Garden insieme all’amico Lorenzo Maternini, senza dubbio può dirsi soddisfatto della strada percorsa dal 2011 a oggi. In poco tempo il suo sogno di creare un luogo di incontro e confronto per chi si occupa di digital ha dato vita alla più importante rete europea di spazi per il coworking. Ma Talent Garden non è solo questo, è un universo dinamico e in continua evoluzione, che ha all’attivo importanti collaborazioni con colossi del settore tech e università internazionali. Come si raggiungono questi traguardi in così breve tempo? Ce lo racconta l’imprenditore bresciano, che nel 2019 è stato l’unico italiano ad essere inserito dalla prestigiosa rivista Forbes nella classifica dei 30 Under 30 più influenti nel mondo della tecnologia e dell’innovazione.

Come è nata l’idea di Talent Garden?

Talent Garden nasce da un’intuizione e da un’esigenza sentita anche a livello personale: occupandomi all’epoca di comunicazione digitale sentivo la necessità di avere a disposizione un luogo fisico per aggregare professionisti nell’ambito digitale e dell’innovazione sul territorio, con l’intento di migliorare in maniera naturale le proprie competenze. Insieme ad altri ho capito che questa era un’esigenza condivisa e diffusa. L’idea di fondo era che gli abitanti di Talent Garden non condividessero solo il luogo di lavoro, ma che ogni giorno potessero avere accesso ad una full immersion in un ambiente condiviso con talenti dello stesso settore, in modo da crescere professionalmente, condividendo esperienze e progetti di business. In quest’ottica mi piace sempre descrivere i campus dei distretti industriali in ambito digitale.

Come ha fatto a fondare il primo Talent Garden? Quali risorse è riuscito a trovare?

La filosofia di base di Talent Garden è fare sistema con il resto del territorio creando valore per tutti i membri della community, questo principio ha trovato applicazione anche nella nostra strategia di crescita. Il primo Talent Garden di Brescia è stato fondato con l’aiuto di un partner locale e del Giornale di Brescia che ci dotò di una vecchia redazione sfitta. Dopo l’inaugurazione siamo stati contattati con tante proposte per aprire nuovi campus in altre città, però invece di replicare semplicemente il modello bresciano abbiamo preferito crescere facendo leva su partnership locali in grado di abilitare nuovi network, per esempio a Dublino abbiamo una collaborazione con Dublin City University, a Roma con Poste Italiane, a Torino con Fondazione Agnelli e Fondazione CRT mentre a Vienna con Startup 300 (il più importante business angel in Austria).

Che effetto fa essere considerato tra i personaggi più influenti a livello europeo in ambito tech?

Un bell’effetto! Da un lato sicuramente è un riconoscimento di cui sono orgoglioso e mi piace ricordare che non è un mio merito bensì il frutto del grande lavoro di squadra della famiglia Talent Garden. Dall’altro è una bella responsabilità, che ci pone di fronte alla sfida di dover fare sempre meglio.

I Campus Talent Garden hanno visto nascere e svilupparsi al loro interno molte storie imprenditoriali di successo e immaginiamo anche di inevitabile fallimento. Quali sono le caratteristiche imprenditoriali di un buon imprenditore?

Talent Garden non è un risultato raggiunto al primo colpo. Nella mia esperienza imprenditoriale non sono mancati i fallimenti. È una parola che spesso spaventa ed a cui associamo un’accezione negativa. Però io riassumerei l’utilità del fallimento così: Fallisci. Rialzati. Fallisci meglio. Il successo è frutto di tentativi incrementali, dove lo “smacco” fa parte delle regole del gioco. Oltre a questa costanza nel cadere e rialzarsi, un imprenditore deve essere innovativo ovvero avere idee che sappiano portare valore aggiunto ad un settore o segmento, competenze tecniche, e voglia di fare, che poi è la miccia in grado di accendere i punti elencati sopra. Last but not least la squadra, circondarsi di partner e soci con cui si condivide la stessa visione, e di un team talentuoso e motivato. Perché in fin dei conti è la squadra che ti consente di vincere sulla lunga distanza.

Ha un modello di riferimento?

Ho osservato molto la Silicon Valley, la culla di aziende ormai divenute colossi che hanno rivoluzionato lo scenario mondiale con il potere dell’innovazione digitale. Prima parlavo di successo come processo incrementale, è una lezione che ho imparato in Silicon Valley. Durante una visita, Facebook ci fece notare come le aziende europee passassero troppo tempo a pianificare un progetto, talmente tanto da non poterci più rinunciare ad un certo punto viste le risorse dedicate, loro invece implementano ogni settimana migliaia di nuove funzioni per campioni ristretti di utenti. Solo l’1% verrà implementato, questo mi ha insegnato che non serve tanto capitale per partire, ma è più importante testare, lanciare idee, avere insomma un approccio agile. Questo è tradotto in uno dei valori di Talent Garden: Done is better than perfect.

In Talent Garden vi occupate molto di formazione. Che percorso di studi e quali esperienze consiglia di intraprendere ai ragazzi che vorrebbero lavorare nel campo dell’innovazione?

Oggi è fondamentale affiancare ai percorsi tradizionali di formazione, percorsi più verticali, spendibili sin da subito sul mercato del lavoro. Questo vale per tutti e in particolare per chi vuole intraprendere una carriera nel settore dell’innovazione digitale. Talent Garden Innovation School è studiata proprio in questa direzione: corsi brevi, tenuti dai maggiori esperti in materia, e ricchi di contenuti pratici, che sono la chiave per dare un’accelerazione alla carriera professionale. Le aree di studio sono quelle più ricercate nel mercato del lavoro: coding, data, marketing, design e business.

In questi ultimi anni si è assistito a una graduale e costante di “fuga di cervelli”. Cosa direbbe a un giovane disincantato e in procinto di partire se dovesse convincerlo a restare in Italia?

Non dobbiamo convincere i giovani a rimanere in Italia, dobbiamo dargli opportunità per rimanere o tornare. Nei nostri campus italiani abbiamo tantissime persone che dopo un’esperienza all’estero sono tornate per lavorare sul proprio progetto o portare valore aggiunto in aziende del Made in Italy.

Secondo gli ultimi dati del Digital Economic Society Index, l’Italia non è un Paese competitivo sul fronte dell’innovazione (siamo al 24° posto su un campione di 29 Paesi). Cosa possono fare governo e istituzioni per cambiare la situazione?

Sicuramente all’attuale stato dell’arte, dal punto di vista della formazione l’offerta degli istituti italiani non è ancora in grado di preparare professionisti del settore digitale. Basti pensare che non esistono ancora corsi di laurea specialistici in discipline come Data Science, Big Data e Cyber security. Quindi un primo passo sarebbe sopperire alla sempre più indispensabile alfabetizzazione tecnologica del Paese, ancora inadeguata. La cultura in questo senso, sarebbe la chiave anche per cambiare gli assetti attuali e fare un passo in avanti nella classifica.

C’è nei suoi progetti la possibilità di estendere l’esperienza dei Talent Garden anche a città come Como?

A differenza dei nostri competitor, in Talent Garden non puntiamo esclusivamente all’apertura di campus in centri nevralgici o grandi città. Come dicevo all’inizio, fare sistema è la chiave, quindi è necessario collegare, ricucire centro e periferie, grandi città con piccoli centri. Talent Garden ha nella sua mission essere un polo di connessione per l’ecosistema dell’innovazione, ad esempio in Francia apriremo a Lille e non a Parigi. In questo periodo siamo focalizzati sull’estero ma in futuro speriamo che Como possa diventare una base di Talent Garden.

Cosa sogna per il futuro?

Non smettere di sognare. La crescita esponenziale di Talent Garden in così poco tempo è per me già un sogno, è passione quotidiana. Certo c’è da lavorare ancora tanto e sodo, ma credo e spero che Talent Garden possa diventare il faro in grado di connettere l’innovazione europea per competere con i giganti internazionali. Abbiamo gettato le basi con Cassa Depositi e Prestiti, per un Hub a San Francisco: si tratterà di un ponte gettato tra la cultura imprenditoriale italiana e il rigoglioso ecosistema di San Francisco. Un luogo dove le nostre aziende potranno trovare idee e nuove opportunità, e dove i progetti che nascono Oltreoceano potranno magari individuare un partner capace di dare forma e sostanza alle startup.

A cura di Erica Premoli