FRANCESCA POLTI: “GIOVANI, PRENDETEVI IL MONDO E AGLI ADULTI DICO: IMPARIAMO AD ASCOLTARLI”

Un grande poster di Schumacher con le braccia alzate verso il cielo, trofei, gigantografie di campioni del basket della gloriosa squadra di Cantù, la maglia rosa di Ivan Gotti del 1999 e la maglia della nuova squadra, il Team Polti Kometa, che gareggia nell’olimpo mondiale del ciclismo professionistico. E ovviamente in ogni foto, su ogni campione del passato, sulle nuove maglie, il logo Polti. È l’accoglienza riservata a chi entra nell’azienda di Bulgarograsso, alle porte di Como, dove da anni, insieme al vapore, nelle vene di tutti scorre lo sport.

Sempre ai massimi livelli. La storia dell’azienda famosa nel mondo per l’invenzione, tra le tante, della Vaporella, il primo ferro da stiro con caldaia separata di piccole dimensioni, inizia nel 1978 quando Franco Polti e Teresa Napoli, papà e mamma di Francesca, attuale Presidente e Amministratrice delegata dell’azienda, fondano, non nel proverbiale garage americano, ma in una cantina tutta italiana, la start up che negli anni diventerà la regina del vapore.

 

Francesca Polti con i genitori, Franco e Teresa, e il fratello Stefano

Alla base l’intuizione o, meglio, l’aver saputo realizzare la suggestione di una cliente di una lavanderia che chiese al giovane rappresentante di strumenti industriali per la stiratura: “Signor Franco, perché a casa non riusciamo a stirare le camicie con lo stesso risultato della lavanderia?”. Franco Polti comprese subito la portata rivoluzionaria che poteva avere la soddisfazione di questo bisogno e, appunto, nella cantina del primo appartamento da sposato, con l’aiuto di un amico ingegnere e il fondamentale supporto di sua moglie Teresa, diede forma al sogno: portare il vapore nelle case degli italiani e, subito dopo, nel mondo. Una storia di passione, tenacia, tentativi, difficoltà, errori e tanti successi, che portò alla creazione di Vaporella per stirare, prima, e del Vaporetto per pulire i pavimenti, poi, a cui seguirono numerosi nuovi elettrodomestici e strumenti anche per uso professionale. Tutti caratterizzati dalla grande performance offerta dal vapore. Appassionato di sport e consapevole della necessità di veicolare il nome della sua azienda nel mondo, Franco Polti divenne sponsor di grandi campioni, come Schumacher, e proprietario di squadre professionistiche, dal basket al ciclismo, fino a circa 15 anni fa, quando, progressivamente, cominciò ad uscire dal mondo sportivo. Ma sua figlia Francesca che, dopo una solida formazione in Bocconi, Master ed esperienze in altre imprese, ha preso saldamente le redini dell’azienda insieme al fratello Stefano, in quel mondo ci è voluta ritornare. La incontriamo in azienda, dove, con energia e un contagioso sorriso, passa da una riunione all’altra mentre il telefono non smette mai di suonare: dall’altra parte del filo Ivan Basso, Team Principal della Polti Kometa, con il quale si sente spesso. Inevitabile, quindi, partire dallo sport.

Il 2024 segna l’inizio di un nuovo capitolo per la sua azienda con la decisione di diventare title sponsor di un’importante squadra di ciclismo pro tour, la Polti Kometa. Da dove nasce la decisione di tornare al ciclismo professionistico?

Mi piace ricordare che il ciclismo è uno sport popolare e democratico: parla a tutti, indipendentemente dal ceto sociale e dal genere. È uno sport raggiungibile e praticabile da tutti. Lo si può guardare senza pagare il biglietto avvicinandosi semplicemente alla strada o in tv. E, soprattutto, non c’è tifo contro. Il pubblico applaude tutti i ciclisti, indipendentemente dall’appartenenza a una squadra, aspetto questo che, invece, caratterizza altri sport. Il ciclismo per Polti è importante: ci avvicina alle persone non solo facendo rammentare loro il nome della nostra azienda, ma ci consente di ascoltarle, ci aiuta a comprenderle nei loro bisogni e nelle loro abitudini. Chiaramente, la decisione di accettare la proposta di Ivan Basso di affiancare il nostro nome a quello di Kometa nasce anche dal fatto che i Paesi dove gareggia il team sono quelli dove abbiamo in programma di consolidare la nostra presenza o addirittura entrare in alcuni nuovi e fare leva per aumentare l’awareness del nostro brand, la consideration dell’azienda e, naturalmente, la conversion per incrementare il sell out.

La stagione ciclistica per il Team Polti Kometa è iniziata bene con le prime vittorie all’estero. Che obiettivi vi siete posti per quest’anno?

Questa domanda andrebbe fatta a Ivan Basso con il quale, ovviamente, condividiamo le strategie – sorride Francesca Polti -, anche se in effetti posso dire che per noi di Polti è ormai normale parlare della squadra sportiva nella squadra aziendale e viceversa. Sappiamo sempre dov’è il team, non possiamo più considerarle due attività separate. Siamo soddisfatti perché il debutto è andato molto bene: abbiamo vinto in Turchia il tour dell’Antalya con due tappe all’attivo, due maglie conquistate insieme alla classifica generale con il nostro giovane Davide Piganzoli e ci siamo distinti nella Tirreno Adriatico, inoltre, grande emozione per me è stato avere tre corridori in fuga per 250km della Milano Sanremo, un regalo, come una vittoria. Ecco, questo è il vero e proprio obiettivo: essere una bella squadra vicino alla gente, che si sappia distinguere, portatrice di valori, che sappia far gruppo, che significa supportarsi reciprocamente, e che raggiunga traguardi che possono essere alla portata solo di un gruppo affiatato.

Francesca Polti con Ivan Basso, Team Principal di Polti Kometa e il Cav.Lav. Aram Manoukian, Presidente e Ad di Lechler, sponsor tecnico della squadra

È evidente che per lei questa importante presenza nel ciclismo professionistico non sia una semplice sponsorizzazione, ma rappresenti qualcosa di più anche per l’azienda.

La sponsorizzazione ha diversi obiettivi. Sicuramente non può mancare il ritorno economico garantito dalla visibilità, ma rappresenta anche un’effettiva condivisione di valori come il rispetto, l’impegno, la capacità di lavorare in gruppo, la focalizzazione sugli obiettivi. Valori che lo sport insegna e che possono trovare applicazione in qualsiasi contesto. Mio papà con i sette anni del team Polti, dal 1993 al 2000, mi ha insegnato che nella mente delle persone c’è un’identificazione del brand con la squadra e viceversa: i valori dell’impresa e quelli della squadra, quindi, devono coincidere. Una delle cose che mi ha entusiasmato è proprio lo scambio continuo e reciproco tra l’impresa e il team.

Quali sono le maggiori similitudini tra impresa e team sportivo?

La prima cosa che colpisce è il fatto che il ciclismo è contemporaneamente uno sport individuale e di squadra. Ognuno ha un ruolo preciso con i propri obiettivi, ma poi c’è anche un obiettivo generale di squadra. Ci sono diverse strategie e non è detto che funzionino sempre. Bisogna imparare a capirsi anche senza parlarsi, a rispettarsi, a condividere le criticità e i successi con trasparenza. Ecco, se ci riflette, molto di tutto questo lo si ritrova anche nell’impresa. Non parliamo poi della gestione della fatica, dei risultati ottenuti con il lavoro di gruppo, salite e discese. Il ciclismo è la perfetta metafora dell’azienda e spesso anche della vita.

È notizia di questi giorni che sarete sponsor della maglia rosa del Giro d’Italia Women 2024. Cosa vi ha portato a questa decisione?

È nato tutto grazie all’invito che ho ricevuto lo scorso dicembre di presenziare in qualità di Vicepresidente di Confindustria Como alla presentazione del Giro d’Italia Women, prima edizione RCS, dove mi hanno chiesto un intervento sull’importanza delle donne nello sport. Dopo il mio intervento RCS ha visto in me un’associazione di valori, mentre noi abbiamo subito preso in considerazione l’onore di avere il nostro cognome, che rappresenta il nostro brand, sulla maglia rosa, ovvero il sogno per chi corre il giro nel posto più bello del mondo. In secondo luogo, abbiamo anche valutato l’opportunità di promuovere con più efficacia l’empowerment femminile, cosa che già facciamo, riconoscendo alle donne pari dignità nel sacrificio e nell’impegno sia nel mondo professionale che in quello sportivo. Però vorrei sottolineare un aspetto importante.

Lo faccia.

Con questa scelta non intendiamo parlare esclusivamente alle donne, anzi vogliamo parlare a tutti indistintamente. Stiamo lavorando insieme a RCS per aumentare la visibilità del Giro Women in modo da raggiungere anche gli spettatori uomini. Sia chiaro che questo non significa voler eliminare le differenze di genere che devono esserci e rappresentano una ricchezza, anzi ben vengano anche le differenze oltre che tra uomo e donna anche tra uomini e tra donne, ma dobbiamo riuscire ad abbattere le barriere di genere. Su questo dobbiamo impegnarci con l’obiettivo di offrire a tutti, indipendentemente dal genere, le medesime opportunità.

Veniamo all’impresa: lei rappresenta la seconda generazione, un ruolo sicuramente diverso e per certi versi ancor più sfidante rispetto a quello della prima generazione che, come nel caso di Polti, ha costruito l’azienda attorno a un’idea rivoluzionaria: portare il vapore nella casa di ogni persona. Come avete affrontato il passaggio generazionale?

L’abbiamo affrontato in due momenti: il primo nel 2012 con l’uscita formale di mio padre e il secondo nel 2022 con l’uscita formale di mia madre e la costituzione di un cda aperto. Credo sia importante sottolineare, anche a vantaggio di altri imprenditori che dovessero leggere, che non abbiamo affrontato questo percorso da soli ma ci siamo affidati a consulenti della Bocconi conosciuti nel contesto di un workshop sulla sostenibilità. In quell’occasione è stato approfondito il tema della governance che ha messo in evidenza l’importanza di non subire il passaggio generazionale ma di gestirlo. Così abbiamo formalizzato qualcosa che già esisteva nella realtà, senza perdere la competenza e la visione di mio padre e mia madre che restano come faro di riferimento.

Qual è lo stile di gestione di Francesca Polti?

Inizialmente l’obiettivo che mi sono posta è stato quello di managerializzare l’azienda avendo particolare attenzione a non perdere i pregi di un’azienda familiare, cercando di mantenere un clima aziendale sereno, dove la cifra fosse quella della snellezza delle decisioni. Quindi, ho iniziato ad inserire nuove figure con competenze specifiche adeguate agli obiettivi che ci siamo proposti. La condivisione tra le persone già presenti in azienda che potevano vantare una grande esperienza nei nuovi manager è stato un connubio fondamentale. Anche in questo caso, come sul tema del genere, è evidente che le diversità arricchiscano l’azienda.

Quali novità ha introdotto?

Quanto tempo abbiamo? (scherza Francesca Polti, ndr). Se stiamo nell’ambito della leadership, ho introdotto diverse novità di metodo: percorsi di performance review strutturati, il metodo Kaizen come programma di miglioramento continuo, il piano ESG, una prima linea manageriale adeguata e competente. Ma sono numerose anche le innovazioni di prodotto: negli ultimi 5 anni abbiamo depositato diversi brevetti come, per citare i principali, i 10 anni di garanzia per la caldaia di Polti La Vaporella, il Moppy, un prodotto completamente nuovo (un lavapavimenti a vapore senza fili, ndr), le cialde di SOLO caffè monorigine e molte altre.

In una bella intervista su Io Donna, il femminile del Corriere della Sera, ha dichiarato che in azienda si ispira a Maria Montessori. Cosa significa?

Maria Montessori è stata una grande scienziata della fine dell’800 e primi del ‘900 ma sembra nata ieri, tanto è moderna. Parlava di osservazione dell’individuo, riferendosi al bambino, ma vale in diversi ambiti. Sosteneva la necessità di lasciar esprimere il talento attraverso la propria personalità, valorizzando le diversità per non snaturare le persone, in modo da far risaltare le loro qualità. Dall’altra parte aveva la cultura dell’errore, lo chiamava “il signor errore”. In estrema sintesi, significa non mortificare i bambini con la punizione ma imparare dall’errore per non ripeterlo. Ho ritrovato la stessa cultura nel metodo Kaizen: in caso di errore non bisogna andare ad addossare la colpa, ma cercare la motivazione vera per cui è accaduto, individuando semplicemente la responsabilità in modo da aiutare chi ha sbagliato a imparare. Accettare l’errore non significa essere buonisti ma analizzarlo, comprenderlo, per offrire un accompagnamento alla crescita nei percorsi professionali. Ne trae vantaggio il clima aziendale e, di conseguenza, le performance.

Parliamo di People, Persone, che, tra l’altro, è anche una delle sue deleghe come Vicepresidente di Confindustria Como. Lei è molto attenta a tutti i cambiamenti, con particolare sensibilità a quelli di carattere sociologico: stiamo attraversando un periodo nel quale in azienda operano ormai quattro generazioni, con la Z Generation che si affaccia a pieno titolo. Serve un nuovo modello di leadership? 

Nella nostra azienda promuoviamo una leadership inclusiva basata su cinque principi guida contenuti nell’acronimo FRISC: Fiducia, Rispetto, Integrità, Sostegno e Collaborazione. Ritengo che quanto più i leader dimostrino coerenza a questi principi, tanto più si contribuisce a creare un ambiente di lavoro sano, inclusivo e produttivo in cui i membri della squadra si sentono motivati e coinvolti. La fiducia, il primo dei nostri principi guida, dovrebbe essere un elemento imprescindibile alla base di qualsiasi tipo di relazione, personale o professionale che sia, ci ha mai pensato? Crediamo in questo modello di leadership perché valorizza le differenze, anche quelle di genere. Le racconto un aneddoto: un giorno mi sono avvicinata ai giovani della mia azienda quasi per caso, in un momento di pausa, e ascoltando i loro discorsi ho capito che abbiamo tanto da imparare da loro. Per questo ho deciso che presto farò un progetto includendoli… anche se loro non lo sanno ancora!

Che significato attribuisce alla parola sostenibilità?

Sono molto legata alla definizione pubblicata nel famoso Rapporto Brundtland, che prende il nome dall’ex ministra norvegese Gro Harlem Brundtland, la quale nel 1987, quando era presidente della Commissione mondiale su Ambiente e Sviluppo (World Commission on Environment and Development), presentò il rapporto «Our common future», formulando una linea guida per lo sviluppo sostenibile riassumendo così la sostenibilità: «Lo sviluppo sostenibile è quello sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri»

Come si traduce, concretamente, in Polti?

Con un piano pluriennale studiato sulle tre direttive ESG che parte da un progetto etico di ecodesign e ha l’obiettivo di sviluppare prodotti con il minor impatto ambientale, utilizzando energia verde, e affiancando anche un serio piano di lavoro su welfare e social. Ci siamo posti l’obiettivo di presentare il primo bilancio di sostenibilità di Polti nel 2025. Infine, un aspetto fondamentale: la misurazione deve essere alla base di ogni strategia di sostenibilità. Tutto deve essere misurato per poter cogliere e valorizzare i miglioramenti.

Parliamo di un tema attuale che le sta a cuore: l’equità di genere. La sua è un’azienda modello non solo perché è guidata da una donna, ma anche per la percentuale di presenza femminile: il 65%. Qual è il valore che emerge?

Emerge che non ci sono barriere all’entrata: io non scelgo donne. Semplicemente, non ponendo alcun limite posso individuare la persona più adeguata al ruolo. Questo mi offre un ventaglio di opzioni molto più ampio e, guarda caso, poi si raggiunge la percentuale che lei ha citato. Aggiungo che anche a livello dirigenziale abbiamo un ottimo equilibrio di genere: siamo a 50 e 50. Da noi le quote rosa non servono. Quello che voglio sottolineare è che non si tratta di una forzatura al contrario: noi dobbiamo arrivare ad avere il meglio per la nostra azienda.

A proposito di donne: lei è moglie, mamma, Presidente e Amministratrice delegata di Polti, segue in prima persona la squadra di ciclismo ed è Vicepresidente di Confindustria Como. È probabile che abbiamo dimenticato qualcosa. Qual è il suo segreto per gestire tutti questi impegni?

Ma se fossi stata un uomo mi avrebbe posto la stessa domanda? (ribatte subito con un sorriso Francesca Polti, ndr)

Non penso, semplicemente perché avrei dato per scontato che un uomo, con tutti quegli impegni, sarebbe un marito e un padre poco presente. Ma torniamo a lei che è donna.

Non penso che ci sia un segreto: sicuramente metto tanta passione in ogni cosa che faccio. Sono una mamma lavoratrice e i miei figli vedono in me un esempio di come entrambi i genitori possano avere le stesse opportunità e aspirazioni. Ci sono stati momenti in cui sono stata molto vicina ai miei figli senza snaturarmi e senza rinunciare alle mie aspirazioni. Quello che è importante, nell’educazione, è che ci sia il giusto equilibrio. Ma sono certa di aver dedicato loro tempo di qualità. Ovviamente c’è una condivisione di responsabilità in famiglia con mio marito.

Restiamo, se non le dispiace, su di lei. Quale è stato il momento più esaltante e quello più difficile nella sua esperienza imprenditoriale?

Il più esaltante è quello che deve ancora venire. Magari quando vinceremo una tappa al Giro (sorride, ndr). Il più difficile è stato affrontare il concordato in continuità. Io però mi sento di dire che vivo il momento presente, per cui vivo momenti difficili ed esaltanti continuamente, perché mi devo alimentare di passione, e se capitano momenti di sconforto mi appoggio al gruppo.

Lei spesso è invitata a parlare a platee di colleghe e colleghi imprenditori. C’è un suggerimento che le piacerebbe offrire?

Il suggerimento principale che do, anche a me stessa, è contare di più sulle persone che si hanno in azienda, di delegare, di rispettare i ruoli, ma anche dare spesso feedback. Credo che l’atteggiamento maggiormente proficuo per tutti sia essere un leader in ascolto, ma assertivo e deciso quando deve prendere la sua parte di responsabilità.

Vogliamo chiudere con un consiglio ai giovani? Cosa si sente di dire loro?

Ai giovani dico: prendetevi il mondo. E noi adulti dobbiamo dare a loro il mondo. I giovani devono imparare ad apprezzare la fatica per quello che significa. Le generazioni attuali magari non hanno lo stesso senso del dovere, del sacrificio a tutti i costi delle precedenti generazioni, ma hanno consapevolezza di ciò che merita davvero per raggiungere i propri obiettivi. Loro ci stanno insegnando che bisogna fare ciò che ci appassiona. Questo significa prendetevi il mondo. Possiamo salvarci solo se i giovani ci danno una mano.

A cura di Stefano Rudilosso