“Le persone imparano finché vivono, le imprese vivono finché imparano”: questa frase, stampata e appesa al muro della sede di Casnate con Bernate, riassume perfettamente la filosofia di Orefice & C., family company specializzata nel finissaggio di tessuti che quest’anno festeggia 100 anni. Il punto di forza di questa storica eccellenza comasca è sempre stato il moiré di seta, un tessuto disegnato con pettini e contraddistinto da un motivo unico e mutevole che ricorda le venature del legno o le increspature dell’acqua. Negli anni, questa particolare tecnica ha affascinato stilisti e interior designer di tutto il mondo, che ciclicamente la scelgono per le loro creazioni.

Veniamo accolti dalle sorelle Alba e Luisa Orefice, terza generazione della famiglia, insieme a Fabio e Silvia Sguazzero e Pietro Frego, rappresentanti della quarta, e subito percepiamo la complicità, la fiducia e l’affetto che si respirano in azienda.
Orefice & C. compie 100 anni: quali sono state le tappe principali della vostra storia?
Alba – Nel 1925 i nostri nonni, Adele e Battista Orefice, aprono con due soci un piccolo laboratorio per la lavorazione del moiré a Como, in via Valleggio. Negli anni Sessanta nostro padre, Pietro Orefice, prende le redini della piccola azienda e con le sue capacità tecniche la fa crescere: Orefice & C. diventa leader nel campo del finissaggio dei tessuti, crescendo non solo in dimensioni ma specialmente in qualità, e perseguendo l’obiettivo dell’alta specializzazione. La vecchia sede, ampliata varie volte, non aveva sufficiente spazio ed essendo in città risultava poco gradita per problemi di inquinamento. Era necessario trovare una nuova location in una posizione strategica e abbiamo scelto Casnate con Bernate, dove ci troviamo ancora oggi. Quando nel 1996 abbiamo inaugurato la sede, l’edificio era per metà vuoto. Adesso, se vogliamo acquistare un nuovo macchinario, dobbiamo eliminarne uno vecchio.
Quali sono gli ingredienti per la longevità di un’impresa?
Luisa – Andare d’accordo e rispettare una gerarchia sono i primi ingredienti che mi vengono in mente. Nei nostri 100 anni di storia sono state sicuramente decisive anche la determinazione, la disponibilità, la dedizione e la passione, l’etica del lavoro.
Fabio – La longevità di Orefice & C. è stata resa possibile anche dalla continua spinta a formarsi e aggiornarsi: solo così puoi avere un approccio diverso nei confronti del mondo e fare la differenza.

Alba – Lavorando conto terzi, noi non vendiamo prodotti ma il ruolo di Luisa è sempre stato simile a quello di un commerciale. Luisa segue con impegno e attenzione anche tutte le certificazioni, come GRS, GOTS e For Textile, che ormai sono imprescindibili per chi vuole rimanere competitivo.
La vostra è un’azienda familiare di successo: come affrontate il delicato tema del passaggio generazionale e quali sono state le sfide che avete riscontrato?

Alba – Il passaggio generazionale per me e mia sorella Luisa è stato graduale. Abitavamo sopra la ditta e sin da ragazzine durante le vacanze scolastiche facevamo quello che adesso si chiama stage. Ci siamo inserite con naturalezza grazie anche all’intelligenza di nostro padre che ci ha lasciato spazio permettendoci di sbagliare. Abbiamo assecondato le nostre attitudini: io ho seguito la parte amministrativa e finanziaria e Luisa la parte di prodotto e processo. Lavoro da più di quarant’anni con Luisa che è la migliore socia che potessi avere ma siamo diverse e le discussioni non mancano. Poi ci sono i nostri figli e bisogna capire che i tempi sono cambiati. Adesso siamo alla quarta generazione: mio figlio Fabio, da 30 anni in azienda, è una colonna portante, lavora come direttore di produzione e affianca Luisa per tutta la parte tecnica. Da qualche anno sono entrati anche mia figlia Silvia, che mi affianca per la parte amministrativa, e Pietro, figlio di Luisa, per tutta la parte tecnica. Con loro l’anniversario dei 100 anni non è un traguardo ma una tappa e ci sentiamo proiettati verso un futuro ancora ricco di soddisfazioni. I giovani che entrano in azienda devono sempre avere un’opportunità di crescita e di soddisfazione: bisogna trasmettere amore e passione per quello che si fa ma anche dare la possibilità di costruire cose nuove. Non è facile uscire al momento giusto: sembra sempre troppo presto invece forse è tardi. Il dialogo e la collaborazione tra due generazioni non sono semplici ma in fin dei conti possiamo dire che è stato il buonsenso a permetterci di vivere il passaggio generazionale in modo positivo e naturale.
Voi operate da sempre nel campo del finissaggio: potete spiegarci in cosa consiste esattamente?
Luisa – Il finissaggio un tempo era considerato un lavoro “povero”, ma in realtà è l’ultimo step, quasi impalpabile eppure fondamentale, che viene aggiunto a un tessuto. Ne cambia l’aspetto ed è importante, soprattutto con la crescente esigenza, in ottica di sostenibilità, di aumentare la longevità dei prodotti tessili. Semplificando, potremmo dire che la nobilitazione, di base, è “l’ospedale delle pezze”: se un tessitore fa qualcosa che non va bene, per vendere un tessuto va dal finitore e gli chiede di migliorarlo. Poi c’è tutta la parte di nobilitazione effettuata chimicamente: in Orefice & C. possiamo impermeabilizzare un tessuto, renderlo ignifugo, aumentarne la resistenza…
In tema di risorse umane, accusate anche voi difficoltà nel reperimento della manodopera?
Luisa – Negli ultimi anni abbiamo puntato molto sui giovani e tendiamo, quando possibile, ad assumere diplomati. Da sempre accogliamo stagisti del Setificio ma facciamo fatica a trattenerli perché dopo il diploma generalmente scelgono di iscriversi all’Università, quindi per il reperimento delle risorse spesso ci affidiamo al passaparola o ai consigli dei nostri stessi collaboratori, di cui ci fidiamo. In passato abbiamo anche assunto persone che arrivavano da aziende tessili del distretto in difficoltà ma non sempre chi ha lavorato in grandi realtà che producono grandi volumi è in grado di adattarsi a un comparto di nicchia come il nostro.
Le nuove generazioni vengono spesso accusate di essere poco disponibili: che esperienza avete con i collaboratori più giovani?
Fabio – A noi sembrano volenterosi: mio nonno avrebbe detto che “hanno visto la strìa” (la strega), cioè si sono spaventati perché hanno capito che è difficile trovare lavoro. Chi arriva in Orefice & C., qualunque sia il ruolo a cui verrà poi assegnato, parte dal basso, cioè inizia a cucire insieme le pezze. Lo fa per un periodo abbastanza lungo, in modo da poter capire quando si verificano dei problemi e identificare quelli che potrebbero essere dei difetti. Uno dei nostri assoluti punti di forza è la qualità e non possiamo permetterci il minimo sbaglio. Poi viene affiancato da un collaboratore più esperto, e da lì valutiamo come si comporta in team e se è adatto al tipo di mansione. Inoltre distribuiamo dei materiali stampati che illustrano i processi di tessitura e finissaggio affinché possano anche leggere e assimilare concetti che ormai per noi sono naturali. Nell’iter di inserimento, teniamo in grande considerazione la parte tecnica ma anche quella umana.
A proposito di capitale umano, quanto è importante un ambiente di lavoro collaborativo, sia a livello di soci che di dipendenti?

Alba – Noi viviamo praticamente in azienda e riteniamo che il contatto umano sia fondamentale: questa disponibilità e presenza costanti vengono naturalmente percepite e apprezzate da tutto il team. Attualmente siamo in 38 e ci relazioniamo quotidianamente con i collaboratori: conosciamo le loro problematiche, così come loro conoscono le nostre. Abbiamo intere famiglie che hanno lavorato per noi, venendo anche dalla Brianza. La maggior parte dei collaboratori inizia a lavorare qui fin dalla giovanissima età e rimane in azienda per tutta la vita, a dimostrazione che condividono i nostri valori e apprezzano l’ambiente lavorativo.
Nel vostro lavoro tecnologia e artigianalità si fondono e vanno di pari passo: come riuscite a rimanere innovativi pur conservando l’unicità delle vostre lavorazioni?
Luisa – Un paio di anni fa, tramite Industria 4.0, abbiamo fatto un consistente investimento in macchinari e puntiamo molto sulla sostenibilità sia dal punto di vista delle certificazioni sia per quanto riguarda i consumi e l’impatto ambientale. Ci saranno sempre nuove richieste del mercato, noi dobbiamo innovare inserendo macchinari all’avanguardia ma, al tempo stesso, essere capaci di preservare le tecniche e le lavorazioni artigianali che ci hanno reso famosi in questo secolo di storia.
Cosa c’è nel futuro di Orefice & C. ?
Luisa – Indubbiamente il tessile sta attraversando un momento difficile. Da parte nostra c’è una costante ricerca per superare questa fase: stiamo lottando, anche se intorno a noi avvertiamo un clima di sfiducia generalizzata. Sono cambiati i numeri, le quantità che vengono lavorate, ma al tempo stesso le lavorazioni sono diventate più difficili e ricercate. Ci impegneremo quindi per diventare sempre più tecnici e sempre più bravi per restare al passo con le esigenze del mercato. La nostra è una nicchia e restiamo convinti che il tassello della nobilitazione sia importante, quindi siamo ottimisti.
Fabio – Certo, affinché si possa guardare tutti con ottimismo al futuro è indubbio che l’intero distretto debba essere in salute, ed è quello in cui continuiamo a sperare.
Per celebrare il centenario di Orefice & C., a maggio si terrà una grande festa nella splendida location del Castello di Casiglio, aperta a collaboratori, familiari e dipendenti. Un momento importante da vivere, come sempre, tutti insieme.
A cura di Erica Premoli