ALL’AVANGUARDIA E IN CONTROTENDENZA: 40 ANNI DI BOTTINELLI INFORMATICA

Arte, musica classica, intelligenza artificiale, stampa tessile: la festa organizzata lo scorso 19 settembre per i 40 anni di Bottinelli Informatica non poteva che unire ambiti e discipline diverse tra loro. Del resto, la software house con sede a Tavernerio ha fatto dell’apertura del pensiero e dei guizzi di originalità uno dei suoi punti di forza, fin dalle origini. Ce ne ha parlato con passione Alberto Bottinelli, proprietario e cofondatore dell’azienda insieme alla moglie Piera Sonzogni.

Dott. Bottinelli, avete recentemente festeggiato 40 anni di attività: può raccontarci le tappe principali della vostra storia?

Alberto Bottinelli con la figlia Laura, la moglie Piera e il figlio Enrico

Ho incontrato mia moglie Piera all’Università di Pavia, dove ci siamo laureati entrambi in Matematica applicata. Qui abbiamo conosciuto anche il grande matematico Alfio Quarteroni, che ha partecipato ai festeggiamenti per il quarantesimo anniversario di Bottinelli Informatica con un intervento presso l’Università dell’Insubria. Dopo la laurea, abbiamo dedicato alcuni anni alla ricerca nel campo della modellistica matematica e, alla fine degli anni Settanta, abbiamo iniziato a svolgere le prime attività professionali applicate all’urbanistica. Bottinelli Informatica nasce ufficialmente nel 1984 e si chiama così per merito di un nostro cliente storico, Mario Carnini, dell’azienda Carnini Latte: fu lui a dirci che dovevamo metterci la faccia, invece di scegliere una sigla tecnologica, come era in voga all’epoca. La strada dell’azienda è stata lunga e laboriosa ma sempre caratterizzata dall’essere all’avanguardia e al tempo stesso in controtendenza. A inizio anni Ottanta siamo stati fra i primi a scrivere software per il sistema operativo Unix, che nel mondo gestionale non era quello dominante, targato IBM. Poi ci siamo spostati sulle reti di personal computer, quando ancora erano visti come un mondo pericoloso e instabile, quindi siamo passati a Microsoft e ai linguaggi di quarta generazione, scegliendo tra questi l’americano PowerBuilder, con cui abbiamo riscritto tutte le applicazioni, portandoci avanti moltissimo rispetto alla concorrenza.

Come veniva percepito dai clienti questo vostro slancio?

Suscitava sicuramente preoccupazione, ma se siamo riusciti a crescere è anche grazie alle sfide lanciateci da imprenditori come Luigi Castiglioni, dell’azienda Comojersey Satex, un nostro carissimo cliente che oggi non c’è più e che ci propose di utilizzare Windows quando ancora era conosciuto solo negli Stati Uniti. La nostra storia è fatta di tanti slanci, di momenti di grande curiosità e coraggio. Dico sempre che se oggi le persone fossero curiose come 40 anni fa, molti problemi non ci sarebbero: parlo della curiosità intesa anche come spinta a fare e felicità nel realizzare qualcosa con le proprie mani. Se ci buttiamo in un progetto però non lo facciamo a caso: lo facciamo quando ci rendiamo conto che c’è spazio per realizzare qualcosa di diverso.

Quali sono gli ingredienti per la longevità di un’impresa?

Una schermata del software “Vedo” (disegni di proprietà Fasac Spa)

La longevità di Bottinelli Informatica ruota intorno a curiosità, voglia di mettersi continuamente in gioco e grande fidelizzazione del gruppo. Abbiamo un team fortissimo fatto di persone estremamente preparate: ci sono risorse giovani ma anche dipendenti che abbiamo con noi da sempre e che continuano a dare ai colleghi consigli preziosi e a condividere e trasferire la propria esperienza. Negli anni ci siamo ingranditi, ma senza esagerare. Attualmente siamo 31, avremmo potuto diventare di più ma così siamo una realtà “umanamente gestibile”. E le posso assicurare che in un’azienda di software, tra i prodotti e il servizio, viene senza dubbio prima il servizio. Diamo al cliente moltissimo a livello umano, dalla fase di pre analisi fino all’assistenza.

Bottinelli Informatica viene da voi stessi definita come una “software house familiare”: in che modo dialogano e collaborano le due generazioni attualmente al timone?

Sono sincero, lavorare da 40 anni fianco a fianco con mia moglie non è stata cosa da poco, e ora farlo anche con Enrico e Laura, i nostri i due figli, è ai limiti della follia (scherza Alberto Bottinelli, ndr)! è un’esperienza molto bella, molto arricchente e al tempo stesso davvero impegnativa. Dico sempre che Piera è la miglior socia che potessi scegliere ma non siamo partiti da soli: all’inizio con noi c’era anche mio padre Mario, che lungo la sua carriera era stato prima direttore amministrativo e poi consulente industriale. Per noi, è sempre stato il socio che dava delle dritte, pur non avendo un buon rapporto con i computer. Nel passaggio generazionale, chi esce deve capire che chi va avanti è diverso: la continuità aziendale, che è un concetto bellissimo, non può essere sinonimo di mantenimento. Ogni generazione, sfruttando le basi messe a disposizione dalla precedente, deve costruire cose completamente nuove. Ammetto che non è facile, soprattutto per chi come me ha 72 anni, uscire nel momento giusto: sembra sempre troppo presto, oppure troppo tardi. Personalmente io e mia moglie ci riteniamo molto fortunati: Enrico e Laura sono in gamba, sono molto diversi da noi e le prospettive sono ottime. E poi lavorano in azienda già da una decina di anni, conoscono bene questa realtà.

Il vostro portfolio vanta numerosi progetti in ambito tessile, il più recente avviato con Stamperia di Lipomo e Università dell’Insubria: potete parlarcene?

Il tessile è stata una scelta di campo territoriale: negli anni Ottanta, quando siamo partiti, era impossibile non occuparsene. Ora siamo rimasti in pochi, è un settore impegnativo che ormai conosciamo molto bene e i clienti ci cercano perché sanno che siamo competenti. Noi nasciamo come realizzatori di software di gestione, quelli che ora si chiamano ERP. Da “Oplà”, presentato nel 1992, è nato un secondo software che si occupa di rilevare, programmare, pianificare la produzione nelle fabbriche tessili, “Venus”. Dopo è arrivato “Vedo”, un catalogatore e gestore di disegni che ha avuto molto successo ed è stato scelto dalle principali aziende tessili del distretto comasco. Nel tempo è cresciuto e si è arricchito di feature molto interessanti. Da qui ci siamo spostati nel mondo della gestione del disegno di stampa. Abbiamo realizzato un prodotto per la variantatura del disegno di stampa, “Coloro”, uscito nel 2023 in concomitanza con la fiera Itma di Milano, e abbiamo deciso di concentrarci su quello che si chiama RIP (Raster Image Processor), un brutto termine che indica il software che permette di mettere il file CAD a disposizione della macchina di stampa digitale. Semplificando, possiamo dire che il RIP è una sorta di traduttore che deve sapersi adattare a varie situazioni: esistono, infatti, varie tipologie e marche di macchine di stampa, con caratteristiche e specifiche differenti. Abbiamo accettato questa sfida perché volevamo provare a fare qualcosa di diverso e di scientificamente preciso, sfruttando l’intelligenza artificiale e lavorando su un vasto database di ciò che era stato già fatto, per poter dare al software la capacità di individuare le soluzioni migliori in una data situazione. Il progetto RIP ha vinto un bando del PNRR ed è portato avanti in stretta collaborazione con Stamperia di Lipomo, che è il luogo dove svolgiamo tutte le prove e le verifiche necessarie, e l’Università dell’Insubria, da cui arriva Riccardo Pini, oggi seduto qui accanto a me, che fornisce il suo prezioso contributo anche dal punto di vista dell’arricchimento teorico e matematico del progetto. Parallelamente, stiamo lavorando molto su “Vedo”, in particolare per la taggatura automatica di un nuovo disegno tessile sulla base delle esperienze che il sistema ha già acquisito e sulla base delle caratteristiche del singolo disegno. Bottinelli Informatica opera anche come global service: ci poniamo come produttori di progetti per grandi società, che sono poche numericamente ma enormi a livello di dimensioni, e questo è per noi motivo di orgoglio. I clienti continuano a sceglierci come fornitori anche dopo tanti anni, preferendoci a realtà molto più strutturate della nostra.

Prima avete parlato di intelligenza artificiale, un tema sempre più al centro del dibattito, non solo scientifico: come vi ponete di fronte a questa rivoluzione?

Il software Vedo Coloro permette di gestire la variantatura di un disegno

(Sull’argomento interviene anche Riccardo Pini, ndr) Ci sono aspetti dell’AI che possono spaventare, ma quando ne parliamo non lo facciamo mai in maniera totalizzante, perché riteniamo che queste tecnologie debbano sempre essere accompagnate da una competenza di settore. Le persone non saranno mai completamente sostituibili dall’intelligenza artificiale. Il software RIP, ad esempio, potrebbe portare a un minor uso di coloranti, ma non potrebbe mai risultare in un uso robotico della macchina o della stampante: vogliamo che le persone possano avere a disposizione un software più performante, in grado di fornire maggiori informazioni, permettere di fare scelte più mirate e ottenere quindi il miglior risultato possibile.

Dopo quattro decenni di esperienza nel settore, che sviluppi vede per il tessile e quali sono a suo parere le sfide da affrontare?

Penso che il distretto di Como sia sempre più destinato a fare solo “le cose difficili”. Quelle facili e di largo consumo le fanno già gli altri, in distretti dove la competenza specifica delle persone è più bassa. Dal 2004 al 2015, insieme all’amico Luigi Pianezza, disegnatore e messincartista, abbiamo avuto una filiale in Cina, ad Hangzhou. Questa esperienza ci è servita per capire che a livello informatico, nel mondo tessile, anche all’estero sono capaci di significative evoluzioni ma che il bagaglio umano e l’esperienza di Como, se non li facciamo scomparire, restano ancora imbattuti. E credo che l’informatica possa venirci in aiuto. Pensiamo agli archivi tessili delle aziende comasche: rappresentano un patrimonio inestimabile, che non credo esista altrove nel mondo. Tuttavia, non sono ancora usati al meglio: ad esempio, in molte aziende vanno completamente digitalizzati.

A proposito di archivi tessili, può raccontarci del progetto di inclusione lavorativa avviato in collaborazione con AutAcademy?

È una scommessa che stiamo portando avanti da poco tempo: ammetto che all’inizio conoscevamo in modo molto superficiale il mondo dei ragazzi affetti da disturbi dello spettro autistico. Grazie ad AutAcademy, una realtà con sede a Monza che si occupa di formazione, abbiamo capito che alcuni di loro hanno una straordinaria capacità di concentrazione e di lavoro su determinate fasi di digitalizzazione degli archivi. Attualmente lavora con noi un ragazzo che ci sta aiutando a digitalizzare l’archivio di un nostro cliente e ci sembra una soluzione assolutamente praticabile anche da altre realtà. In questo modo i ragazzi si sentono utili, si sentono vivi e possono rendersi autonomi. È una bellissima strada di inclusione.

In occasione dei vostri 40 anni avete istituito un premio di laurea in matematica per studenti meritevoli: che ruolo assume la formazione per voi?

Per molti anni in Bottinelli Informatica abbiamo avuto pochi laureati e tuttora molte delle risorse storiche per noi assolutamente preziose si sono diplomate nei più noti istituti tecnici del territorio: Badoni, Magistri Cumacini, Jean Monnet. Sono scuole che forniscono una preparazione interessante, già da subito spendibile nel mondo del lavoro. Poi abbiamo iniziato a collaborare con le università, prima con il Politecnico, quando aveva una sede anche a Como, e poi con l’Università dell’Insubria. Come abbiamo avuto già modo di sottolineare, la collaborazione con l’Insubria continua e sta dando ottimi risultati: ci sono ragazzi che restano da noi diversi mesi per la stesura della tesi di laurea e molti di loro, al termine del periodo di stage, sono stati assunti. Collaboriamo anche con gli istituti tecnici, ma ora notiamo che i diplomati in questo campo, una volta terminati gli studi, tendono a preseguire e iscriversi all’università, invece di entrare subito nel mondo del lavoro. Indubbiamente facciamo fatica a trovare personale specializzato: le risorse non vengono tanto attratte dalla vicina Svizzera, come accade per altri settori, ma dalle grandi società di consulenza e dalle grandi software house che hanno sede a Milano, se non all’estero. Dovremmo ritornare ad essere più attrattivi.

Che consiglio darebbe ai giovani che si affacciano sul mondo del lavoro?

Consiglierei loro di affrontare dei colloqui anche in società medio-piccole, come la nostra, perché può essere assolutamente utile. Siamo in grado di offrire spazi di crescita difficilmente riscontrabili in realtà medio-grandi e abbiamo sempre dato alle nostre risorse l’opportunità di vedersi valorizzate in tempi brevi, sia in termini di retribuzione sia dal punto di vista delle responsabilità. Suggerirei quindi ai giovani diplomati e laureati di inviare prima la propria candidatura nelle numerose e interessanti realtà IT presenti sul nostro territorio.

Cosa c’è nel futuro di Bottinelli Informatica?

Per rispondere devo fare un passo indietro. Mio nonno Giovanni, ricordato come uomo integgerrimo, è stato intendente di finanza a Como prima della Guerra e poi, raggiunta la pensione, ha avuto il permesso di aprire uno studio di consulenza, cosa rarissima ai tempi. Mio padre è stato un visionario, ha svolto un ruolo molto importante durante la Resistenza e ha dimostrato coraggio in tutte le sue scelte, insegnandomi a non aver paura e a buttarmi in ciò che facevo. Spero che i miei figli vadano avanti così: finora lo hanno fatto e sono fiducioso. E poi l’informatica evolve talmente in fretta che fare previsioni è difficile. I primi programmi per computer a metà anni Settanta li abbiamo scritti con le schede perforate… ora sembra di parlare di dinosauri!

Lo sguardo di Alberto Bottinelli luccica, e siamo sicuri che stia già pensando a un nuovo progetto, con lo slancio di sempre.

A cura di Erica Premoli