CASTELLI LIVIO: CENT’ANNI DI TRASPORTI E LOGISTICA GUIDANDO IL FUTURO

La sede centrale di Via Ceresio a Lomazzo

“Se avessi chiesto ai miei clienti cosa volessero, mi avrebbero risposto: un cavallo più veloce”. Ma se Henry Ford, a cui viene attribuita la celebre frase spesso ricordata nel mondo dell’innovazione, l’avesse chiesto a Livio Castelli nel 1945, al suo rientro dopo una lunga deportazione in Germania, sicuramente avrebbe risposto in modo molto diverso. Lui, invece di un cavallo più veloce, avrebbe risposto: vorrei un camion. E per fortuna ebbe il coraggio di realizzare questo suo desiderio, andando contro anche alla sua famiglia. Altrimenti, con ragionevole certezza, oggi la Castelli Livio non potrebbe celebrare i suoi primi 100 anni.

A raccontare la storia dell’azienda di trasporti e logistica di Lomazzo è Guido Castelli, figlio di Livio, che, insieme a sua figlia Roberta, una dei rappresentanti della quarta generazione, ci accompagna in un viaggio lungo un secolo, lasciandosi andare ad un “amarcord” a tratti nostalgico, ma trasudante di energia e voglia di fare. Un ricordo dei tempi passati che scorre fluido e perfettamente amalgamato con il presente di quella che è la quintessenza di un’azienda familiare.

“Oggi la Castelli Livio – racconta Guido – è composta oltre che da diversi membri della mia famiglia, da personale viaggiante, di magazzino e di ufficio di cui, per una buona percentuale, abbiamo vissuto matrimoni e famiglie nascere ed allargarsi. La nostra azienda esiste intrinsecamente con loro, per la loro flessibilità all’adattamento, la costante attenzione a seguire i nostri programmi di formazione e aggiornamento, all’essere attenti, per la loro voglia di portare avanti il nome della nostra famiglia sentendosene – spero – parte, attraverso un legame di riconoscimento, di dialogo e rispetto reciproco. Non ci sarebbe una realtà possiamo dire ‘antica’ senza delle persone fidate. E senza persone nate negli anni ‘90 che stanno decidendo di crearsi un futuro in una azienda territoriale storica”.

La sede di Via della Traversa

Oggi, per la famiglia Castelli, oltre a Guido e Roberta, in azienda c’è Sergio, il fratello minore di Guido, che come lui è attivo al cento per cento, occupandosi della parte di gestione del movimento della flotta e del reperimento, insieme a Guido, di nuovi clienti trasporto e magazzino. Sergio è il vero attore protagonista nella gestione quotidiana ed attiva della società. Fino al 2017 era presente anche un altro fratello, Carlo, che è venuto a mancare: “Carlo era il Deus ex machina di casa nella gestione meccanica e manutentiva del parco veicolare – ricorda commosso Guido -, con un’attenzione alle macchine pari a quella che si può dare ai figli nel corso della loro crescita. Questi valori sono stati trasmessi a mio nipote Stefano, figlio di Sergio, in azienda fin da quando ha compiuto la maggiore età, che attualmente si occupa egregiamente della gestione del secondo e moderno magazzino di Via della Traversa, a Lomazzo, e ha preso l’eredità del controllo dell’aspetto manutentivo dei mezzi. Viene assistito per la parte fornitori da mia sorella Angela, importante e storico referente amministrativo nonché del personale dell’azienda. È passata dall’esperienza di un lavoro giovanile in altro settore – sorride Guido – al supporto attivo di un diverso tipo di “viaggiatori”. Infine, completa il quadro familiare, Rosanna, la mia sorella minore cui è affidata la parte commerciale della Castelli moderna, anche lei in azienda fin dal compimento della maggiore età e ancora indefessa presenza strategica a distanza di oltre 30 anni. Manca, purtroppo, quello che è stato a tutti gli effetti il primo rappresentante della quarta generazione, mio figlio Matteo, venuto meno nel 2015, a soli a 37 anni a causa del cosiddetto ‘male del secolo’. Si occupava principalmente della movimentazione di magazzino della sede storica”.

Livio Castelli

Ma facciamo un passo indietro. Anzi, andiamo indietro di poco più di un secolo. L’avvio di questa bella avventura risale, infatti, a qualche anno prima del 1923, quando il nonno di Guido, Giuseppe detto Pinun, rientrato dalla Prima Guerra Mondiale si trovò a doversi inventare un lavoro. Ritrovandosi tra le mani un carro e un cavallo, cominciò a fare qualche trasporto, ma fu dal 1923, anno di nascita del figlio Livio, che iniziò a svolgere un servizio regolare dal mercato di Saronno a Guanzate dove abitava e dove c’era carenza di tutto: lunedì, mercoledì e venerdì. Avanti e indietro. Con sempre più prodotti tanto che, dopo due anni di società di fatto, Poste Italiane rilasciò l’autorizzazione al Pinun, incorniciata e conservata gelosamente da Guido a testimonianza della serietà dei primi pioneristici anni, con la quale si certificava l’attività di trasportatore. Di lì a poco Giuseppe Castelli inserì tra i trasporti dei giorni dispari anche quelli dei giorni pari: martedì e giovedì al mercato di Como. L’azienda cominciò a crescere: vennero organizzate due squadre, si iniziò a passare anche per Cirimido dove c’era quello che oggi chiameremmo il distretto delle calzature e poi i Monopoli di Stato, grazie alla ferrovia di Como. Già allora si andavano configurando gli albori di una vera e propria intermodalità: “Sul carro – racconta Guido Castelli – oltre alle derrate veniva trasportata anche una bicicletta con il portapacchi, perché una volta arrivati a Como i cavalli si fermavano al Cervetta, ancora oggi un rinomato ristorante che ha preso il nome di Antica Trattoria, per ristorarsi e le consegne dell’ultimo miglio si perfezionavano proprio con la bicicletta”. Musica per le orecchie ambientaliste di oggi, anche se i tempi di allora erano tutt’altro che facili: “Da Como, lungo la strada del ritorno, c’era molta salita – ricorda Guido Castelli – e a fine giornata i cavalli erano stanchi, per cui spesso era necessario far partire da Guanzate un secondo traino di cavalli riposati in loro supporto per trainarli a casa.

I sacrifici erano tanti e la svolta di questo lavoro avvenne proprio con il ritorno di mio padre Livio dalla guerra. Decise che così non si poteva reggere molto per cui si impuntò e riuscì a recuperare un vecchio camion militare, un glorioso Alfa 430 utilizzato dal Regio Esercito, riadattato all’uso civile. L’acquisto di un mezzo meccanico rappresentò una vera e propria rivoluzione. Cambiò tutto e poté dirigersi con la sua attività di trasporti verso Milano, che allora aveva grande fame di legna per le impellenti necessità di ricostruzione postbellica. Grazie a quel primo camion i guadagni cominciarono ad aumentare. Nel 1950 arrivò il secondo e via via tutti gli altri, fino agli attuali Euro6. Siamo passati dai viaggi locali fino ad arrivare negli anni 2000 ad Atene e Salonicco, con partenze bisettimanali dalla nostra sede”.

Il parco muletti

Ma in questa storia, oltre all’acquisto del primo mezzo a motore, c’è un altro importante snodo che ha determinato il successo della Castelli Livio: “Nel 1957 – ricorda Guido – la Società Italiana Persil di Lomazzo, che nel 1965 avrebbe assunto il nome della più nota Henkel, nata nel 1933 per la produzione proprio del detersivo Persil, diventò cliente di Livio Castelli. Fu un’altra svolta importante perché il lavoro aumentò in modo vertiginoso. La sede della nostra azienda fu trasferita nel 1967 a Lomazzo dove è stato edificato un nuovo capannone e relativa abitazione per essere più vicina all’importante cliente e con l’obiettivo di divenire polo logistico di Henkel”. Una sinergia perfetta che sembrava inscalfibile. Nei favolosi anni ’60, ma anche in quelli più difficili dal punto di vista energetico, gli anni ’70 e poi gli anni ’80 della Milano da bere di un celebre spot pubblicitario, le due aziende prosperavano in perfetta sintonia. I camion aumentavano, frutto anche di quelli che Guido, con un po’ di commozione, definisce altri tempi: “Allora compravamo i camion sulla fiducia. La concessionaria Lancia di Rebbio, alle porte di Como, non voleva subito i soldi: dilazionava i pagamenti in funzione della disponibilità economica di mio padre e grazie a questo credito l’azienda poté accettare tante nuove commesse e, naturalmente, onorare le proprie promesse al concessionario”.

Ma erano anche i tempi, altri tempi, di un welfare ante litteram: “La mamma Celestina era il vero braccio destro di Livio – moglie, mamma e segretaria. La sua giornata finiva la sera tardi dopo cena, al fianco di suo marito nella gestione della contabilità. Si preoccupava di preparare ogni giorno il pranzo per gli autisti: gestiva a modo suo quella che oggi chiameremmo la mensa aziendale – sorride Guido – e le cose funzionavano come in una famiglia dove il titolare si prendeva cura dei propri collaboratori come un buon padre di famiglia”.

Il logo del centenario

Eppure, si sa, nulla è per sempre. Come spesso accade nelle multinazionali, cambiano i manager e vengono prese decisioni drastiche che spesso non hanno alla base nemmeno una vera logica aziendale: dopo lunghe trattative sindacali, nel 2021 Henkel, che nel frattempo è diventata un colosso da 52 mila dipendenti, oltre 3 miliardi di fatturato e un’impressionante quantità di prodotti in portafoglio, mette la parola fine allo stabilimento di Lomazzo, un plant che è stato giudicato non più strategico e ha spostato tutta la produzione a Ferentino, nella campagna tra Roma e Napoli, dove esisteva un secondo stabilimento della multinazionale tedesca, andando completamente a sovvertire le esigenze logistiche svolte fino ad allora, per oltre mezzo secolo dalla Castelli Livio. Una decisione che tra dipendenti diretti di Henkel e indotto ha coinvolto 150 lavoratori. Tra questi anche, ovviamente, la Castelli Livio che aveva nella multinazionale il suo principale cliente e per cui dal 2004 con la seconda sede era diventata buffer di riferimento dei prodotti di Lomazzo destinati al mercato europeo. Poteva sembrare che la parola fine dovesse arrivare anche per l’azienda di trasporti giunta alla quarta generazione, ma così non è stato: la famiglia Castelli non si è data per vinta e quando sono arrivate le prime avvisaglie di questo tsunami ha cominciato a prendere le opportune contromisure, la prima delle quali, sottolinea Guido è stata: “Non si lascia a casa nessuno”. Eccola, di nuovo, la cura del buon padre di famiglia. E al padre fa subito eco Roberta: “Ora abbiamo potuto seriamente prendere in considerazione altre richieste importanti e strategiche come quella di un cliente irlandese che ci ha chiesto di diventare il loro hub a livello sud europeo, permettendoci di specializzarci ancora di più nel trasporto e nello stoccaggio di tutt’altra tipologia di merci”.

La famiglia Castelli ha avuto da sempre anche una particolare attenzione alla sostenibilità: “Ovviamente abbiamo installato numerosi pannelli solari sul tetto dei nostri capannoni. è stato realizzato un impianto fotovoltaico con potenza di 92 kw che copre tutto il fabbisogno aziendale compreso l’impianto di raffrescamento di un capannone realizzato quest’anno a supporto delle esigenze della nostra clientela – spiega Guido – ma soprattutto devo sottolineare che l’esperienza con clienti europei ci ha insegnato molto anche sul tema della sostenibilità: ci ha insegnato a misurarla e a rendicontarla, perché come fornitori dobbiamo essere assolutamente in linea con i valori delle realtà più grandi. In effetti, un gap generazionale si percepisce e strano sarebbe se non ci fosse: sotteso alle parole di Guido si coglie ancora un certo legame, un cordone ombelicale che fa fatica a rescindere del tutto, frutto della sua lunga storia che lo ha visto crescere con la multinazionale tedesca. Mentre, al contrario, Roberta guarda con convinzione e con un immancabile sorriso al futuro, ai 100 anni che verranno, nella consapevolezza che nulla o quasi sarà come i precedenti, ma anche animata da una voglia di prendere l’azienda per le redini, anzi per il volante, e condurla ancora più lontano, con lo sguardo rivolto al mondo, non subendo ma guidando il futuro, come vuole il claim dell’azienda.

A cura di Stefano Rudilosso