LAURENT DUBOIS: il comasco d’adozione che arreda il mondo con le sue pareti verdi

Una parete di verde stabilzzato

Se avete la fortuna di andare a Menlo Park, California, potrete scoprire che c’è un po’ di Como tra gli iconici dettagli che arredano gli uffici di uno dei più importanti social network al mondo. Merito di Laurent Dubois, protagonista di questa puntata di “Comaschi d’adozione”, con la sua azienda Marlo. Fondata nel 2008 insieme a sua moglie Marcella Panzeri, che siede nel Consiglio di Presidenza di Confindustria Como e gestisce anche l’azienda di famiglia Cama, Marlo produce arredi molto green: pareti verticali composte da piante vere, stabilizzate, disposte secondo i desideri e i gusti dei clienti. Se in Silicon Valley troviamo l’esempio più eclatante, Laurent Dubois è stato capace in questi quindici anni di affascinare architetti e committenti di innumerevoli realtà importanti, come il Gruppo VF, con il suo bellissimo spazio commerciale in Via Orefici a Milano, la catena francese di raffinato arredo Roche Bobois, nei suoi showroom di Parigi, Londra, Monaco di Baviera, Lisbona, Grenoble, San Francisco, Dallas, Cape Town e molti altri, e ancora Nashi Argan a Milano, Bologna e Roma, Harrods a Londra, la sede Nestlè a Milano. Ultima arrivata, ma solo in termini di tempo, la terza parete verde verticale più grande al mondo, al multisala Cinelandia di Gallarate con la quale Laurent ha saputo far splendere di bellezza il cinema. Questa volta però, la parete è composta di piante vive, con un sistema d’irrigazione automatico, perché quelle stabilizzate non possono essere collocate all’esterno. Una bellissima parete viva come quella che arreda le affascinanti terme di Comano, in Trentino, sempre con il gusto raffinato del nostro comasco d’adozione. Una piccola realtà, Marlo, sita, quasi a farlo apposta, a Colverde, verdissimo Comune alle porte di Como, ma capace di farsi apprezzare in tutto il mondo.

Laurent, riavvolgiamo il nastro e partiamo dall’inizio della sua vita. Lei è francese ma ormai possiamo considerarla comasco d’adozione?

Oui. Mi sento assolutamente comasco d’adozione dopo oltre vent’anni che sono qui. Sono nato ad Antibes, in Costa Azzurra, anche se all’età di tre anni i miei genitori si sono trasferiti per ragioni di lavoro a Bordeaux che, confesso, ho sempre preferito rispetto alla mia città d’origine, e lì ho vissuto fino a circa 24 anni. Ma per il mio desiderio di conoscere il mondo ho vissuto in Marocco e in altre nazioni francofone.

Com’è arrivato in Italia e, in particolare, a Como?

A Como viveva un mio zio italiano che aveva un’industria tessile dove d’estate, da adolescente, trascorrevo i mesi di giugno e luglio lavorando per pagarmi le vacanze. Mi piaceva molto, al punto che lo zio, notando la mia passione, mi propose di fermarmi e proseguire l’esperienza lavorativa. Non mi feci pregare e fu così che rimasi diversi anni girando il mondo con i pregiati tessuti fashion comaschi e conoscendo Marcella che è diventata mia moglie.

Ha incontrato qualche difficoltà?

Difficoltà? No, perché?

Nemmeno con la lingua?

Bah, tre mesi per capire e sei mesi per farmi capire. Ecco la difficoltà (e ride, ndr).

Perché ha deciso di lasciare il tessile e fondare una sua azienda?

L’arrivo della mia seconda figlia mi ha portato a fare una riflessione: mi sono reso conto che stavo viaggiando troppo. Non ero mai a casa, per cui ho maturato la decisione di lasciare l’ambito commerciale per aprire un’attività mia, insieme a mia moglie, in un settore nuovo per l’Italia, quello del verde stabilizzato che, invece, in Francia era già apprezzato da tempo. Ma vuole sapere una curiosità?

Siamo qui per quello!

Il processo di stabilizzazione delle piante fu inventato in Italia, precisamente a Sanremo, quasi 50 anni fa. Eppure, è stato accantonato subito, mentre, come dicevo, in Francia e in altre parti del mondo è stato molto apprezzato. Per questo quando lasciai l’azienda tessile decisi di investire in questo settore che, per l’Italia, rappresentava una novità nonostante la sua origine.

Non ha pensato di lavorare nell’azienda di famiglia di sua moglie Marcella?

No, nemmeno per un momento. E non perché non vada d’accordo con mio suocero, anzi tutt’altro. Vado d’accordissimo, ma sono convinto che per continuare ad andare d’accordo sia meglio lasciare il lavoro fuori di casa. E poi mi piace avere una realtà mia. Tra l’altro, ha cambiato settore ma ci sono dinamiche analoghe al tessile. In effetti abbiamo anche qui design, gusto e una stagionalità che ricorda molto la presentazione delle collezioni tessili. E, nonostante ambissi ad avere una vita più stanziale, lo confesso, ho ripreso a girare ancora tanto per il mondo. Perché ho studiato gestionale, ma la mia testa è da commerciale. La cosa bella, però, è che ora, appena sono liberi dagli impegni scolastici, in alcuni miei viaggi mi accompagnano i miei figli. Credo che sia una bella opportunità di formazione per loro.

In cosa consiste la tecnica della stabilizzazione?

Laurent Dubois

Si tratta di un processo unico ed ecologico che consiste nella sostituzione della linfa con un prodotto di conservazione: una sostanza simile allo zucchero al 100% biodegradabile. La linfa viene fatta evaporare completamente per lasciare posto a una miscela di glicerina naturale, acqua e coloranti alimentari. Il vantaggio di questa tecnica è che le piante e i fogliami conservano la loro flessibilità e freschezza naturale senza necessità di alcuna manutenzione. La nostra azienda propone creazioni realizzate con licheni della Finlandia, muschi, piante e fogliami vivi con i quali riusciamo a creare colorazioni, disegni, motivi quasi su misura per ogni cliente. L’unico limite è rappresentato dai raggi UV: come ogni prodotto organico ma inerte il sole accelererebbe il processo di degrado e invecchiamento. Per questo sono adatti solo per l’interno, mentre all’esterno, come abbiamo fatto per tanti nostri clienti, realizziamo pareti verticali di piante vive, irrigate, alle quali facciamo noi stessi la manutenzione.

Come vengono realizzate le composizioni?

A differenza di molti nostri competitor che si limitano alla commercializzazione, noi seguiamo tutta la filiera del prodotto: dall’estrazione alla commercializzazione passando per stabilizzazione e composizione fatte rigorosamente a mano. Questa parte è realizzata presso l’azienda che ho aperto con un altro socio in Ungheria.

Perché la parte produttiva si trova in Ungheria? Una questione di risparmio?

Non si tratta di un motivo economico. È ubicata là semplicemente perché il mio socio ha sposato una donna ungherese (sorride, ndr). Ma va benissimo così: riusciamo a seguire la logistica alla perfezione senza alcun problema.

Quali sono gli aspetti positivi nell’operare in Italia?

L’Italia è affascinante e lo sarà per sempre. La differenza forse è nella classe dirigente che spesso fa parlare di sé negativamente, ma la gente normale, chi lavora davvero, è formidabile: tra Torino, Milano, Como e ovviamente il centro – sud, le persone sono molto diverse e questo è sicuramente un pregio. Le lingue, il cibo, la cultura. Non è una nazione sono trenta nazioni. È una cosa geniale e quindi bella. Anche per il lavoro è utile: ogni luogo, ogni giorno, è una sfida. Dobbiamo ingegnarci per inventare sempre prodotti nuovi, disegni nuovi, per conquistare gusti profondamente diversi.

Ha mai pensato di tornare nel suo Paese di origine?

No. A differenza di quello che si pensa dei francesi non sono nazionalista. Mi interessa stare dove si vive bene e dove ci sono i servizi. In realtà, devo confessare che se dovessi andare a vivere altrove andrei volentieri in Portogallo dove ho già un’azienda. Non è una questione economica, ma è la qualità della vita che conta per me: in Portogallo non c’è la frenesia che si percepisce in Italia o in Francia e ci sono luoghi incantevoli.

L’ultima domanda la riserviamo ai giovani: quali sono i consigli che si sente di dare loro?

Sicuramente devono studiare, perché senza studio oggi non si fa più granché. Non esiste più la possibilità di essere autodidatta. Poi, devo essere proprio sincero?

Lo sia!

L’economia europea ha fatto emergere i suoi limiti, per cui bisogna imparare a guardare le opportunità che offre il mondo. Poi magari potrebbero anche tornare, ma prima è importante fare esperienze altrove.

(Laurent, in realtà, nella sua schiettezza, consigliava ai giovani, letteralmente, di scappare dall’Italia, ma gli abbiamo promesso che l’avremmo scritto in modo diverso, ndr).

A cura di Stefano Rudilosso