LA CASA DEL FUTURO OLTRE OGNI FRONTIERA

La Parrocchia S. Martino in Rebbio lavora ogni giorno per essere, citando Papa Francesco, una “comunità di comunità”: includere chi ha bisogno, dove c’è più bisogno, come a Rebbio, un quartiere di periferia di una “città di frontiera”. Qui si vivono profonde contraddizioni, come il sorgere, negli ultimi anni, di nuove attività commerciali e aziende, accanto a situazioni di estrema fragilità economica e sociale. A subirne le conseguenze, più di tutti, sono bambini, donne e ragazzi, che vedono a rischio il proprio futuro come cittadini. Un’emergenza continua, quella vissuta dalla comunità di Rebbio, come dimostra l’arrivo, nel 2022, di 243 minori stranieri non accompagnati, di cui 30 oggi presenti; ragazzi stremati da un lungo viaggio che senza l’operato dei numerosi volontari ed educatori della parrocchia non avrebbero potuto essere accolti. Questa situazione di emergenza rappresenta allo stesso tempo un’opportunità per tutti i soggetti del territorio, di partecipare ed essere attori dello sviluppo della comunità. Proprio in quest’ottica nasce il progetto la “Casa della Comunità”, con l’obiettivo di dare vita a un presidio per la crescita dei giovani ed allo stesso tempo un luogo aperto a tutti i cittadini, come occasione per costruire sinergie virtuose tra persone, associazioni e imprese per dare impulso allo sviluppo del quartiere, oltre che di tutta la città. Una vera e propria sfida da condividere che, attraverso la riqualificazione dell’immobile di circa 800mq in via Ennodio, messo a disposizione della Parrocchia di Rebbio da parte della Fondazione Svizzera Main dans la Main, offre l’occasione di generare valore, contribuendo a gettare le basi per una crescita duratura, a partire dall’investimento sui giovani, sulla loro educazione e integrazione. Non da ultimo, rappresenta l’opportunità per consolidare e incrementare le relazioni tra Parrocchia, organizzazioni senza scopo di lucro e mondo imprenditoriale. Don Giusto Della Valle, parroco della Parrocchia San Martino in Rebbio, ci racconta questo importante progetto.

Don Giusto, quali sono i bisogni e le urgenze che si vivono adesso nel quartiere di Rebbio? E quali sono i bisogni dei giovani, compresi i minori migranti?

Il bisogno più generale è un bisogno di coesione, di uscire di casa, di uscire dall’isolamento; il mondo sta spingendo per una cultura dello stare a casa propria, del non interessarsi degli altri, pensando alla propria sicurezza. Il bisogno che ritengo principale è quello dello stare insieme, del pensare il futuro insieme, a tutti i livelli. Nei nostri quartieri (Rebbio e Camerlata) vivono tanti giovani stranieri di seconda generazione. Alcuni sono sereni, altri si vede che fanno fatica. Qui osserviamo quotidianamente il manifestarsi di un disagio giovanile latente, le potenziali “baby gang” si vedono, sono dietro l’angolo: qualcuno ha preso la strada della devianza, dell’uso di sostanze, è una catena che non si interrompe. C’è bisogno di accompagnare questi giovani, questi preadolescenti e adolescenti, con dei progetti adeguati e soprattutto con educatori che vogliano loro bene, in spazi che si possono trovare e che già sono presenti per l’animazione. Riguardo ai minori migranti, i cosiddetti “minori stranieri non accompagnati”, nella città di Como, che è una città di frontiera, vedo la necessità di dare loro l’accompagnamento di cui hanno bisogno per vivere e crescere. Accompagnamento che vuol dire accoglienza in stile familiare non in grandi, ma in piccole strutture; soprattutto un accompagnamento educativo perché si tratta di giovani venuti in Italia, nel 90% dei casi per cercare un futuro economico migliore, per lavorare, pochi per delinquere. C’è bisogno quindi di una progettualità educativa che vada in questa direzione. Per contro, c’è una grande richiesta di lavoro: il mondo del lavoro richiede giovani maggiorenni che si inseriscano. Ho sentito imprenditori che sono disponibili ad assumerli a 18 anni, basta che sappiano parlare un po’ l’italiano, e che sono disposti a crescerli, a insegnargli il mestiere, a condizione che poi restino.

Perché il progetto della “Casa della Comunità” è un progetto importante e decisivo per il quartiere e la città di Como?

Don Giusto Della Valle

Le idee sono emerse da un lavoro di coprogettazione riguardo alla riqualificazione dell’immobile chiamato “Casa della comunità”, la cui proprietà è di una fondazione Svizzera – Main dans la Main – con sede a Lugano. La prospettiva è, per ora, quella di dare vita a un luogo dove i giovani che faticano nel percorso scolastico, italiani e non, delle scuole medie e superiori, possano trovare uno spazio che offra un’attività educativa legata alla scuola, dove poter evolvere al di fuori dal ciclo scolastico ordinario. Parlo, insomma, di quei giovani che potrebbero abbandonare la scuola alle superiori. Allo stesso tempo l’idea è quella di dare vita a uno spazio, in stile comunitario, dove accogliere i neomaggiorenni. L’aggregazione tra giovani è infatti molto importante perché, se funziona bene, i ragazzi si accompagnano l’un l’altro, si sostengono e aiutano l’un l’altro. Un luogo di vita e di condivisione, un luogo formativo accompagnato da educatori o da operatori sociali che aiutino questi giovani a crescere e li accompagnino a entrare nel mondo del lavoro con professionalità. Per questo, saranno fondamentali le figure educative professionali, non solo i volontari. La Casa della Comunità è importante non solo per Rebbio ma per la città intera. Si tratta di bisogni evidenti a cui rispondere in modo comunitario, non ghettizzante, un luogo che sia aperto dove sia facile entrare e uscire, dove vi sia disponibilità per momenti di aggregazione e festa, di formazione del quartiere, di laboratori di piccolo artigianato, una palestra, uno spazio dove possa esprimersi la creatività dei giovani e non solo.

Come possono contribuire le imprese nel realizzare tutto questo e quali sono i benefici che deriveranno dal progetto anche per le realtà imprenditoriali?

Per le imprese innanzitutto si tratta di condividere una specifica visione del mondo, una progettualità sociale che significa che tutto ciò che non viene educato lo si subisce: se non si educa, lo si subisce a tutti livelli, dal disagio scolastico, al giovane migrante che non viene inserito nella comunità. Quindi per le imprese si tratta di partecipare a un progetto globale, un progetto sociale, di umanità in cui il lavoro si accompagna alla crescita affettiva, alla partecipazione sociale e alla partecipazione civica. Concretamente, le imprese potrebbero dare una mano dal punto di vista economico per sistemare gli spazi e per renderli a norma. Si tratta di un investimento nel futuro, il cui ritorno potrà essere quello di giovani che sono stati formati, avviati al lavoro e con un’idea precisa dell’Italia, con la capacità di padroneggiare la lingua e con un percorso di formazione comunitaria. L’obiettivo su cui stiamo lavorando non è solo una formazione tecnica o pratica, ma una formazione a 360° che possa fare di questi ragazzi dei giovani responsabili, dei cittadini responsabili.

 

Entrare a fare parte della rete di aziende significa coltivare un patrimonio di risorse sociali e relazionali importante non solo per la città di Como, ma anche per le singole imprese. Una comunità più coesa, infatti, rappresenta un terreno fertile in cui le aziende possono crescere e generare valore per il territorio. Abbiamo pensato diverse modalità per partecipare e contribuire; è possibile incontrarsi per condividere il progetto e pensare a come attivare sinergie che possano generare valore e coesione per la comunità chiamando il numero 3338283043 o scrivendo alla mail faresquadraparrocchiarebbio@gmail.com