UN GIGANTE SEDUTO SULLE SPALLE DI GIGANTI

Marcello Mancini è convinto che la vita sia il 10% ciò che accade e il 90% come reagisci a ciò che ti accade. Basterebbe questa citazione di Charles Swindoll, già di per sé straordinaria, per comprendere l’essenza e le ragioni di ciò che ha saputo realizzare nella sua vita. In realtà, dopo averlo conosciuto e aver letto la sua incredibile biografia di cui non fa mistero, siamo portati a credere che la sua vita sia al 110% ciò che lui fa accadere.

Marcello Mancini è imprenditore, editore ed esperto di formazione. Fondendo queste tre qualità ha creato un vero e proprio ecosistema della crescita personale e professionale. Ceo e Founder di Performance Strategies, la società di eventi con la quale ha portato sul palco in dieci anni, insieme a lui, oltre 200 speaker di altissimo profilo selezionati tra i massimi esperti mondiali della leadership, del marketing, della crescita personale, Marcello Mancini è un vulcano o, per dirla con uno dei suoi amici, il grande regista Pupi Avati, “ha una carica e un’energia positiva che è davvero contagiosa”. Ho conosciuto Marcello, sia concessa una piccola nota personale a chi scrive, a margine di uno dei suoi eventi più recenti, il Marketing Forum dello scorso novembre, forse il primo splendidamente organizzato in presenza dopo la lunga astinenza dovuta alle restrizioni da Covid. Sembrava un toro in un recinto, circondato da amici, personaggi della cultura, esperti di management, di leadership, di crescita personale, o semplicemente da ammiratori che desideravano conoscerlo di persona, come chi scrive. Scalpitava dalla voglia di fare repressa durante il lockdown – anche se parte degli eventi li aveva trasferiti online -, emanava energia da ogni poro della pelle, aveva il sacro fuoco della passione negli occhi. E quell’energia, ha ragione Pupi Avati, è incredibilmente contagiosa. La medesima con la quale è salito sul palco per la duecentesima volta a presentare i guru del marketing della giornata, davanti a centinaia di ospiti che pendevano dalle loro parole per capire, crescere, formarsi, trasferire quanto appreso nel proprio lavoro. Esattamente l’obiettivo di Marcello Mancini che, nel frattempo, dopo poco più di cinque anni dalla nascita di Performance Strategies, nella sua instancabile “ricerca delle chiavi da fornire alle persone”, come lui stesso afferma, ha fondato ROI, la casa editrice dedicata a quei lettori che amano avere sempre a portata di mano gli strumenti per apprendere e applicare con metodo le nuove conoscenze. In cinque anni, insieme all’Amministratore Delegato di ROI Michele Riva, raffinato editore e uomo di cultura con una lunga esperienza nella direzione dei libri di economia e business del Sole 24 Ore, ha pubblicato oltre 100 libri di saggistica di business e di self help come Gli essenziali e molti altri che non possono mancare sulla scrivania di manager e persone curiose che vogliano approfondire temi importanti, essenziali appunto, per il proprio lavoro e la propria crescita personale.

Marcello Mancini sul palco del Leadership Forum

Marcello Mancini ci parla da Macerata, città nella quale vive e da dove, grazie ai collegamenti da remoto ai quali ormai tutti siamo abituati, può gestire tutta la sua attività anche se, naturalmente, non manca di venire settimanalmente a Milano dove non poteva mancare il quartier generale di Performance Strategies e di ROI. È circondato dai suoi libri e, come un abile prestigiatore, ci sfoglia davanti l’ultimo nato: “L’era della dopamina – Come mantenere l’equilibro nella società del tutto e subito”, che ancora non è in libreria. Ma il comunicatore efficace, qualità, tra le tante, indiscussa di Mancini, sa che mostrare ciò che ancora non puoi avere è il modo migliore per ingolosire l’assetato lettore.

Marcello, a proposito di comunicazione efficace, hai sintetizzato la tua mission in una frase: vuoi offrire alle persone delle chiavi. Cosa significa e soprattutto perché hai deciso di farlo?

In questi anni così turbolenti sono cambiate le porte del business ed era impossibile cercare di entrarvi pensando di utilizzare ancora le vecchie chiavi. Sentivo l’esigenza come manager, come imprenditore, ma soprattutto come persona, di creare un nuovo modo di vivere la formazione anche per il fatto che io per primo ho subìto la mancanza di quelle chiavi di crescita personale. Quindi, se da un punto di vista razionale volevo che coloro che desideravano sedersi sulle spalle dei giganti, per citare il titolo che hai voluto dare a questa intervista, potessero farlo anche in Italia, portando questi guru del management nel nostro Paese anziché dover andare all’estero ad ascoltarli, da un punto di vista più emozionale desideravo chiudere un cerchio con la mia esperienza personale di chi non aveva potuto avere accesso ad un certo background. C’è una bellissima frase di Pupi Avati che afferma: “quando ciò che facciamo si avvicina a ciò che siamo, c’è felicità”. E per me è una grande soddisfazione personale essere arrivato a fare ciò che davvero sentivo di essere.

Quando racconti la tua vita, l’impressione immediata è quella che tu veda in ogni cambiamento, anche quelli più epocali, in ogni stravolgimento, un universo di opportunità. Come si fa?

Credo sia una questione di esperienze. La mia vita professionale non ha avuto un percorso lineare ed è fatta di salti quantici spesso dettati da difficoltà. Quando ero manager di un’azienda che stava andando a rotoli, ebbi il coraggio di licenziarmi e di lì a poco nacque l’idea di Performance Strategies. Ancora, da un evento tremendo come il devastante terremoto nella mia città ho costruito la più grande esperienza personale che mi ha portato a creare un evento charity grazie al quale ho finanziato la costruzione di una palestra per i bambini in un piccolo paese dell’Ascolano. Anche il lockdown, ce lo saremmo risparmiati tutti volentieri, ma abbiamo cercato di capire come un momento di crisi per chi come noi creava eventi dal vivo potesse trasformarsi in grande occasione di innovazione. Non ci siamo limitati a trasferirci su Zoom, ma abbiamo scelto una piattaforma ideata a San Antonio, nella Silicon Valley, grazie alla quale siamo riusciti trasformare gli eventi forzatamente online in un’esperienza completamente nuova che abbiamo chiamato Hyper Experience. Abbiamo completamente ridisegnato il concetto di formazione mettendo in connessione le persone e facendo vivere loro un’esperienza completamente immersiva, che non era una semplice conferenza online ma la possibilità di ricreare in digitale tutto ciò che prima del lockdown avveniva di persona. Ancora una volta dico che si tratta di una questione di mentalità: oggi si chiama Covid, ieri per me è stato il terremoto, domani chissà come si chiamerà, magari costo dell’energia. Il concetto fondamentale è avere un mindset che ci faccia fare le domande giuste quando si verifica un problema, un evento negativo. Quale vantaggio competitivo posso portare a casa in un momento così?

Quindi, ancor prima che le risposte, contano le domande?

È chiaro. Se la domanda è: perché capitano tutte a me? Spesso la risposta del nostro cervello va a finire con il colpevolizzarci ed entriamo in un loop di difficile uscita. Se, invece, la domanda è: cosa posso pensare che prima non avevo mai pensato? A volte la risposta è una nuova grande idea, come spesso accade in un momento di crisi. Ogni difficoltà può essere l’opportunità per ripensarci, per ripensare i nostri modelli di business, per ripensare i nostri prodotti, per ripensare le nostre esperienze.

Hai mai avuto paura prima di compiere una scelta, prima di buttarti in una nuova impresa, prima di lasciare una strada magari consolidata e di successo?

Credo che per chi fa impresa la paura sia una compagna di viaggio. Ma ci sono diversi livelli di paura. C’è quella che blocca e non ti fa progredire. Ma c’è la paura come sistema di allarme, come alert, come la spia della macchina, non quella rossa ma quella arancione, quando non è troppo tardi. E questo secondo tipo di paura credo che sia una sorta di coach, che ti stimola e avvisa quando è il momento di cambiare. La paura genera emozioni e va saputa gestire, infatti sappiamo che noi non vediamo le cose per come sono ma le vediamo per come siamo. Quando le vediamo attraverso la lente della paura, il rischio inevitabile è che ci blocchiamo anziché proiettarci in avanti. Quindi, quello che cerco di fare è mettermi più cappelli per vedere le cose. Cerco di vederle da più angolazioni, da più punti di vista. Ma soprattutto cerco di settare lo stato mentale per avere la giusta consapevolezza nelle scelte da compiere.

In questi oltre 10 anni hai portato sul palco qualcosa come 200 speaker di livello altissimo. Ti senti una persona diversa rispetto a prima dopo averli ascoltati?

Assolutamente sì. Noi siamo figli delle nostre esperienze, che plasmano la nostra personalità, il nostro modo di essere, il nostro modo di fare e che poi automaticamente restituisci nella tua impresa. E devo ammettere che fare un lavoro che consente di ascoltare le menti più brillanti del mondo è davvero una formidabile opportunità di crescita. Quindi si crea un circolo virtuoso, che vede la mia crescita grazie alla mia impresa che poi cerco di ritrasmettere alla stessa.

C’è un insegnamento che più ti è rimasto impresso?

Più che un insegnamento particolare, devo dire che ho notato dei pattern ricorrenti anche tra speaker di ambiti completamente diversi. In comune ho trovato l’elemento della curiosità, anche in personaggi di livello altissimo. Cito, giusto per fare un esempio, Martin Seligman, tra i dieci più grandi psicologi al mondo, o Daniel Goleman, ma anche Nassim Nicholas Taleb. Quando li ho conosciuti erano loro che facevano le domande, volevano capire, volevano conoscere. Questo aspetto mi ha colpito perché sottesa ad esso c’è una grande umiltà, a differenza di quella che non riscontro in persone molto più giovani, magari in carriera, e che tendevano a non ascoltare e a voler solo sottolineare le proprie capacità con un ego smisurato. è come se quei grandi personaggi tornassero bambini, caratterizzati da quella curiosità tipica dei più piccoli oltre ad avere un senso incredibile di restituzione, di mettersi a disposizione.

Come si fa a creare quell’energia potente che si respira dentro e fuori i tuoi eventi?

Io ho un background che deriva dal mondo dello spettacolo, dalla musica, fin da bambino ho studiato musica, amo l’arte, quindi ho trasferito determinate analogie nel mondo degli eventi di business, perché anche in questi ci si va per vivere un’esperienza. E, proprio grazie all’esperienza emotiva, l’apprendimento migliora perché viene attivato a 360 gradi, così come il networking che viene facilitato da un ambiente nel quale si respira un clima più disteso. Per questo abbiamo deciso di trasmettere concetti di business in un contesto che non fosse noioso ma emozionale, in modo che il contenitore potesse influenzare il contenuto. L’esperienza, in ogni contesto, è una sorta di ingrediente magico.

Possibile che non ci sia un metodo, un segreto che puoi confessarci?

Ad esempio, il team che si occupa della produzione eventi non ha mai partecipato a un evento di altri competitor. Perché penso che se si voglia davvero innovare, andare a vedere cosa fanno gli altri sia un modo per ingabbiarti o lasciarti influenzare. Preferisco che vadano oltre oceano o prendano spunto da contesti diversi (ad esempio X-Factor o concerto di Capodanno a Vienna). Credo che questo sia uno dei segreti della creatività: farsi ispirare da contesti diversi, perché le idee migliori non vengono da pensieri verticali ma convergenti e laterali.

Come hai fatto a convincere un mostro sacro del marketing come Seth Godin a pubblicare con la tua casa editrice che era nata da pochi anni?

Devo riconoscere, con piacere, la maestria di Michele Riva, Amministratore Delegato di ROI Edizioni, che però ha trovato il pieno appoggio, una totale sintonia, quando ci siamo conosciuti, nell’obiettivo di creare una casa editrice che abbia una coerenza nella pubblicazione di testi che siano autorevoli, di valore, che possano davvero contribuire alla crescita del mercato italiano. Coerenza e fiducia hanno permesso di arrivare all’orecchio di Seth Godin la notizia che in Italia ci fosse una casa editrice autorevole che dialogava con un certo target. Le cose avvengono quando c’è credibilità e la credibilità arriva quando c’è fiducia, quando non si tradiscono le aspettative del pubblico. È sempre una questione di equilibrio tra opportunità di business e pensiero di lungo periodo.

A proposito di Seth Godin, al momento di questa intervista – è altamente probabile che non sarà così al momento dell’uscita dalla tipografia – l’ultimo libro pubblicato dalla tua ROI è proprio suo, s’intitola “Tribù”. Non è che stai creando anche tu la tua tribù?

Alex Osterwalder, inventore del Business Model Canvas, durante il Marketing Forum di novembre 2021

In effetti, il segreto, come dice proprio Godin, è quello di costruire la propria tribù. La nostra tribù è composta da persone affascinate dall’idea di lavorare sulla propria crescita personale e professionale. Con Performance Strategies abbiamo circa duecento aziende che riconfermano ogni anno il programma dell’anno successivo quasi di default. Con ROI Edizioni abbiamo decine di persone che si abbonano per ricevere libri di cui non conoscono ancora i titoli. È il segreto della tribù nella quale i componenti si riconoscono in un contesto, in un leader. La nostra è una tribù che si forma, che non si accontenta dello status quo e che crede che ognuno di noi sia l’artefice dei propri risultati, a prescindere dai fattori esterni.

Il tuo carburante, oltre all’incredibile energia che autoproduci, è la noia che esorcizzi inventando sempre nuovi progetti. Ci puoi rivelare cos’hai in serbo per il futuro?

Voglio mantenere la fedeltà alla mission di ROI Group, che è quella di creare un ecosistema che possa aiutare le imprese e i professionisti italiani a ispirarsi, a crescere, a migliorare. Tra i progetti c’è anche una business school che possa andare direttamente nelle imprese per portare a casa loro un pezzettino di Performance Strategies e poi anche andare oltre l’Italia.

Una nota personale: hai scelto di restare a vivere a Macerata, dove tra l’altro ha sede anche un’altra bellissima casa editrice, la LiberiLibri. Come mai, nonostante il respiro internazionale dei tuoi eventi, hai preferito restare in provincia?

Gli uffici commerciali di Performance Strategies e la casa editrice sono a Milano, ma io ho deciso con la mia famiglia di restare nelle Marche. La sfida era quella di stare in provincia senza essere provinciali. Sentivo il bisogno di stare immerso nella natura, in una città impregnata totalmente di cultura, con il mare e la montagna a 20 minuti di macchina. È stata una scelta di equilibrio, di sostenibilità, che la tecnologia mi ha concesso il lusso di poter fare. Per certi versi ho anticipato ciò che è successo a molti dopo l’ondata del Covid.

Chiudiamo con un pensiero, anzi un consiglio per i giovani?

Quello che mi sento di dire ai giovani è di “ammazzarsi” di studio, mantenere uno spirito curioso e avere il coraggio di seguire le proprie passioni senza uniformarsi al pensiero degli altri.

A cura di Stefano Rudilosso

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