ZANI SPA: DA SESSANT’ANNI SPECIALIZZATI IN FLESSIBILITÀ

Giovanni e Regina Zaffaroni

Se, come tutti, rientrate a casa dal lavoro su un’automobile, poi vi accomodate su una poltrona, magari di quelle reclinabili, scaldate la vostra cena nel forno a microonde e prima di andare a dormire programmate la lavatrice, è altamente probabile che i pezzi in metallo che costituiscono la struttura portante, il cosiddetto chassis, o la lamiera esterna di tutti questi strumenti siano stati stampati da una delle gigantesche presse che da 60 anni vengono progettate e costruite da Zani Spa, storica azienda di Turate. Anzi da 60 anni più uno come ci ricorda Ennio Zaffaroni, CEO, che insieme al fratello Orlando, Presidente, rappresenta la seconda generazione. Perché il sessantesimo ricorreva nel 2020, ma la decisione è stata di rinviare le celebrazioni al 2021 per via della pandemia. Celebrazioni che si sono tenute alla presenza delle autorità e dei vertici di Confindustria Como e di Ucimu, l’associazione verticale dei costruttori di macchine utensili, lo scorso 26 novembre nella suggestiva location del Museo Alfa Romeo di Arese, per suggellare simbolicamente un idillio col mondo dell’auto che dura da tanti anni (QUI il video report dell’evento, ndr). Perché, appunto, è una storia che inizia da lontano, dalle origini contadine del nonno di Ennio e Orlando che, nel dopoguerra, grazie a consolidati rapporti con il distretto artigianale della lavorazione del legno, che allora insisteva attorno al lago d’Orta, iniziò a realizzare alcuni piccoli macchinari per il settore. Ma è Giovanni Zaffaroni, il padre di Ennio e Orlando, che insieme alla moglie Regina, fautrice determinante di questa bella avventura, decide, proprio nel 1960, di staccarsi dai fratelli e creare la propria realtà iniziando a produrre le prime presse, allora ancora piccole, per lo stampaggio del metallo. Una storia imprenditoriale di successo in cui non può mancare il sottoscala e poco dopo, il proverbiale garage, dove Orlando nel tempo libero concesso dal Politecnico, ha iniziato a collaborare con i genitori disegnando le presse che man mano crescevano sempre più in dimensione e in prestazioni. Con loro cresceva anche l’impresa, richiedendo un nuovo edificio proprio a Turate e, grazie all’eccellenza del prodotto e all’affidabilità del servizio, sono cresciuti anche i clienti e i mercati di sbocco.

Il successo dell’azienda è merito di una fortissima customizzazione del prodotto che la differenzia dai concorrenti molto più grandi: “Le nostre presse sono una diversa dall’altra – sottolinea Orlando Zaffaroni, con quel malcelato orgoglio di chi conosce bene la fatica sottesa a questa affermazione – e questo mi porta a dire che siamo specializzati nella flessibilità estrema. Uno sforzo non indifferente in termini di progettazione e una limitata standardizzazione dei processi che a volte farebbe anche comodo – sorride il Presidente dell’azienda – ma al contempo è anche il nostro punto di forza perché possiamo risolvere qualsiasi necessità manifestata dai clienti, i quali apprezzano molto questo aspetto che ci rende altamente competitivi”. Presse che sembrano palazzi, tanto sono grandi, le cui dimensioni rispetto a quelle umane si possono apprezzare nella gigantografia che campeggia nell’ampio capannone su cui è raffigurata una delle più grandi presse mai costruite in Italia, proprio a Turate. Macchinari enormi che richiedono, seppur smontati, di allestire trasporti eccezionali e uno sforzo logistico non indifferente oltre che due o tre mesi di lavoro dei tecnici di Zani per il loro montaggio presso i clienti che si trovano in tutto il mondo: dalla Norvegia al Portogallo, solo per parlar dell’Europa, fino a coprire tutti e cinque continenti. “Abbiamo sempre avuto una dedizione per l’internazionalizzazione – evidenza Ennio Zaffaroni, che visita periodicamente i principali clienti nel mondo – . Ci siamo fatti conoscere nelle fiere, per poi creare una presenza fissa attraverso agenti e rappresentanti in ogni luogo dove esista un’industria di trasformazione e realizzazione di semilavorato per l’automotive, l’elettrodomestico e anche più di nicchia come l’industria profumiera o quella degli alcolici. Anche in questi casi la flessibilità e la customizzazione sono le caratteristiche per le quali siamo stati sempre apprezzati, visto che tedeschi e giapponesi sono molto rigidi”.

Negli ultimi dieci anni ha fatto il suo ingresso la terza generazione rappresentata dai cugini Alberto, responsabile del controllo di gestione, e Stefano, responsabile dell’ufficio tecnico. “Stiamo affrontando, passo dopo passo, un passaggio generazionale ben calibrato grazie al supporto di un docente dell’Università di Castellanza – sottolinea Ennio Zaffaroni – che ha contribuito ad ampliare la nostra visione e, soprattutto, ha creato armonia facendo leva sulla chiarezza e la distinzione dei ruoli in una squadra ben affiatata che vede i componenti possedere caratteristiche differenti che si completano e si integrano molto bene”. Fin dagli Anni Novanta le presse di Zani, tra le prime in Italia, sono state impreziosite e rese più efficienti grazie all’inserimento dell’elettronica. Gli Zaffaroni, infatti, sono stati precursori di quella cultura tecnologica che oggi chiamiamo Industria 4.0, permettendo di fornire macchine sempre all’avanguardia. Lo sottolinea Stefano, responsabile dell’ufficio tecnico, il quale evidenzia che “se siamo stati i primi ad inserire ormai 20 anni fa il controllo da remoto, ora, esasperando il lato informatico, riusciamo a offrire al cliente una manutenzione predittiva attraverso un algoritmo che permette di prevenire i guasti prima che la pressa vada in blocco, consentendo così un risparmio di tempo e soldi”.

Alberto, Ennio, Orlando e Stefano Zaffaroni durante le celebrazioni per il 60esimo anniversario di Zani

Ma se questo ormai, per quanto sembri futuristico, è il presente, lo sguardo è sempre proiettato al futuro: “Sicuramente vogliamo crescere, anche se non significa – ragiona il CEO Ennio Zaffaroni – per forza crescere solo come dimensioni, ma anche in termini di qualità. Quella qualità, ma soprattutto quella fiducia che cerchiamo di trasmettere e che ha portato a sceglierci un importante cliente del Portogallo il quale ha ammesso che, dopo le poche ore che abbiamo trascorso insieme, ha percepito fiducia, attenzione e ascolto. Certo, una crescita dimensionale ci consentirebbe una maggiore visibilità e soprattutto poter offrire maggiori garanzie ai nostri clienti che in qualche caso cercano nei numeri la solidità per progetti importanti. Quindi – prosegue Zaffaroni – stiamo analizzando le modalità di sviluppo. È un mondo dove non è più possibile lavorare da soli. Bisogna creare sinergie, collaborazioni. Ma se anni fa ci poteva anche essere l’idea di cedere l’azienda a qualche grande gruppo, oggi questa ipotesi è assolutamente tramontata grazie all’arrivo della terza generazione”. Ovviamente le difficoltà non mancano. “In questo momento, a causa della pandemia, si soffre un po’, anche se – ammette il CEO – gli ultimi sei mesi sono stati caratterizzati da buone sensazioni e da una certa vivacità degli ordini. Poi è evidente che, se guardo al costo delle materie prime che continua inesorabilmente a salire, mi sembra di essere sulle montagne russe. Anzi, peggio, mi sembra di giocare alla roulette russa in un campo come il nostro, dove i tempi decisionali sono molto lunghi e le consegne, per la loro complessità, possono rasentare anche l’anno o anno mezzo, con i nostri prezzi non modificabili una volta ottenuto l’ordine, mentre giorno per giorno subiamo gli aumenti di chi ci fornisce la materia prima, che li può modificare a suo piacimento ”.

L’ultima considerazione di Zaffaroni, che appare più come un disperato appello, è riservata ai giovani e al mondo della scuola: “Abbiamo assolutamente bisogno di tecnici che seguano la parte di avviamento del macchinario e la sua dimostrazione. È un mestiere che non ha una procedura standardizzata da seguire. Per cui siamo consapevoli di doverli formare noi. Però abbiamo difficoltà a trovare chi voglia dedicarsi a un lavoro come il nostro, che prevede la conoscenza delle lingue, le trasferte e una certa passione. Ma guardi che paghiamo bene! Vedo certi cedolini di operai che raggiungono tranquillamente i tre o quattromila euro netti al mese. Forse dovrebbero saperlo le famiglie e i ragazzi. Lo scriva”.

A cura di Stefano Rudilosso