STERILINE GIOCA LA PARTITA CONTRO IL COVID E LA VINCE CON SETTE MESI DI VANTAGGIO

Vai in Steriline e trovi la quintessenza dell’intrapresa. Gli ingredienti per farne un caso da manuale ci sono tutti. Il fondatore visionario, che con le sue 78 primavere è sempre presente con un’energia da far invidia a molti quarantenni, un passaggio generazionale perfettamente orchestrato, con i due figli che dirigono con capacità e perfetta complementarietà, un fatturato che ha tutta l’intenzione di raddoppiare passando da due a tre cifre. In milioni, ovviamente, perché “è il modo migliore per avere credibilità come fornitore nei confronti dei colossi farmaceutici”. Ma, soprattutto, tanta passione, competenza, organizzazione, apertura verso il mondo.

“A livello globale, nel nostro settore, ci sono solo otto aziende qualificate. Quattro sono in Germania, tre sono in Italia, in cui ci siamo noi, Ima e Marchesini, e poi c’è una spagnola”. È la ristretta classifica della Champions League di un settore particolarissimo: quello della produzione di linee complete per la lavorazione asettica di prodotti iniettabili. A stilarla è Gerardo Fumagalli, fondatore di Steriline e artefice, insieme ai figli Ilaria e Federico, seduti al suo fianco come angeli custodi, del successo di questa azienda comasca nata nel 1989. Un’impresa che in poco più di trent’anni, partendo da un garage con 3 persone, è arrivata a concorrere con i giganti di una partita che è solo per pochi. Certo, anche in Cina ci sono aziende che si propongono ma, per restare nel paragone calcistico, giocano in una serie minore. D’altronde, la fornitura verso i colossi della farmaceutica è una cosa molto seria. Ci sono, giustamente, regole severissime, controlli, procedure dettagliatissime. Serve affidabilità estrema e assoluto rispetto delle regole.

L’intuizione di Fumagalli è stata quella di collaborare fin da subito con partner tedeschi che quelle regole le conoscevano bene. Lui ha iniziato a fornire le idee, la sua visione, i suoi progetti o, per dirla a suo modo, “loro compravano me e la mia conoscenza”, e loro hanno dato il supporto indispensabile per ottemperare le regole di accesso dell’industria farmaceutica e delle agenzie di controllo. Un approccio vincente che ha consentito sia a Steriline che ai suoi partner di crescere insieme in un’ottica win-win.

Federico e Ilaria Fumagalli. In alto, il fondatore e Presidente di Steriline Gerardo Fumagalli

Ora l’azienda comasca, grazie all’attenta direzione operativa di Ilaria Fumagalli e alla guida nel processo di espansione su scala globale del fratello Federico, ha raggiunto i 200 collaboratori distribuiti nelle quattro unità operative, tutte in provincia di Como, ed opera in oltre 50 Paesi in tutto il mondo arrivando a realizzare oltre il 90% del fatturato all’estero tra Asia, Europa e Stati Uniti. Un successo costruito sulla conoscenza, sulla competenza, ma anche sulla collaborazione e la passione, parole chiave che, oltre ad accompagnare il visitatore attraverso suggestive scritte sulle pareti dell’azienda, si percepiscono immediatamente non appena si ha l’opportunità di incontrare Gerardo Fumagalli e i suoi figli. Si schernisce, quasi, questo ingegnere visionario quando gli chiediamo quale sia il segreto dell’energia con la quale alla sua età entra ogni mattina nella sua azienda e risponde, quasi stupito dalla domanda, che lui è nato in una famiglia di tradizione imprenditoriale – il nonno aveva iniziato la sua attività in alto lago, deviando il corso di un torrente per sfruttare l’energia prodotta dall’acqua – in cui d’estate s’imbottigliava la gazzosa e d’inverno la grappa. “In estate, a sei anni – afferma divertito Gerardo Fumagalli – stavo già in azienda a spostare le bottiglie di gazzosa. Per me era un gioco, ma può ben immaginare come fin da allora avessi iniziato a respirare l’energia tipica di un’impresa che ancora oggi non mi ha lasciato.

Vuole sapere una cosa? Non mi sarei mai visto a smettere di lavorare a 65 anni per mettermi sul divano con la copertina a guardare la televisione”. E, sinceramente, non lo avremmo visto neppure noi. Fumagalli è un fiume in piena. T’investe di calcoli, dati, stime, valutazioni, progetti futuri con entusiasmo e serenità.

Ma alla domanda sul motivo per cui, a fine anni ‘90, a 46 anni, con due figli poco più che adolescenti, avesse deciso di lasciare le grandi multinazionali farmaceutiche, dove aveva garantita una carriera di tutto rispetto, per fare un salto nel vuoto e creare la sua azienda, il Presidente di Steriline si fa subito serio e si lascia andare ad una confidenza: “Non ne potevo più di andare ogni mattina in queste grandi aziende e vedere come creatività e intraprendenza fossero intralciate per non dire bloccate dalla mancanza di voglia di fare di tanti dirigenti.

Proponevo progetti nei quali necessariamente dovevano collaborare colleghi responsabili di altri reparti e mi rinviavano a mesi successivi, salvo scoprire che non avevano nessun impegno, nessuna motivazione valida per rimandare. Era solo mancanza di voglia di lavorare. Uno con il mio carattere non poteva resistere oltre. L’ennesimo blocco ai miei progetti fu il colpo di grazia nel farmi lasciare le multinazionali per buttarmi anima e corpo in questa avventura”. Mentre racconta, Fumagalli mima con la mano il bruciore di stomaco che quell’esperienza gli provocava, ma il sangue d’imprenditore che gli è sempre corso nelle vene ha saputo trasformare quel bruciore in un fuoco di passione, che trasmette in ogni parola all’interlocutore. Bastano i primi minuti di conversazione per capire che il destino di Gerardo Fumagalli non poteva che essere questo.

“Quando abbiamo avviato Steriline la notte serviva per pensare e al mattino i pensieri erano già esperimenti, progetti, disegni”. Insomma, la sensazione che si percepisce in questa impresa è quella di un continuo cambiamento, da cui deriva ogni volta una rigenerazione. Perché Fumagalli, con i suoi figli, è sempre riuscito ad essere un passo avanti: “Uno dei nostri principali successi è stata la creazione dell’isolatore. I nostri concorrenti creavano macchinari che dovevano essere necessariamente utilizzati nelle camere bianche, costringendo i clienti a sopportarne i maggiori costi e i limiti. Quando ho proposto una macchina completamente isolata non solo abbiamo abbattuto a zero ogni possibile rischio di contaminazione che, ovviamente, è stato molto apprezzato nell’ambito farmaceutico dove le garanzie di totale asetticità sono fondamentali, ma abbiamo consentito ai nostri clienti considerevoli risparmi, non dovendo più investire su costose camere bianche”.

Ma i segreti del successo di Steriline non sono finiti: “La nostra forza oltre all’affidabilità è stata quella di riuscire a dimezzare i tempi di consegna dei nostri macchinari rispetto ai giganti tedeschi. Non è stato certo semplice, ma attraverso una forte iniezione di personale e di dedizione da parte di tutta l’azienda in cinque mesi abbiamo fornito soluzioni su misura per il riempimento nel più breve tempo possibile dei flaconi di vaccino anti-Covid ai colossi farmaceutici come Pfizer-Biontech, AstraZeneca, J&J. Sono soluzioni che consentono il riempimento di 100.000 flaconi all’ora. Faccia il calcolo lei – ci provoca Fumagalli – di quanti vaccini parliamo nei 7 mesi che abbiamo guadagnato rispetto ai nostri concorrenti”. Ovviamente, per quanto siano fondamentali, passione e conoscenze tecniche non bastano per riuscire ad aver ragione in un mercato tanto ristretto a pochi grandi e quanto complesso. “L’organizzazione è altrettanto importante – sottolinea Ilaria Fumagalli – per cui stiamo implementando il nostro gestionale, così come abbiamo creato la possibilità di gestire ogni problema da remoto grazie ad una introduzione spinta del 4.0. Certo – sospira la Chief Operating Officer – avremmo anche bisogno di personale qualificato per ampliare alcuni reparti dell’azienda, ma questo è un tasto dolente. Cerchiamo, da tempo, di lavorare con le scuole per introdurre alcuni aspetti che riguardano il nostro settore. Avevamo iniziato anche un bel progetto di docenza con il centro professionale dei Padri Somaschi che purtroppo abbiamo dovuto sospendere proprio per il Covid, ma il rapporto con le scuole va coltivato. Abbiamo grande necessità di softwaristi perché la robotizzazione assume un ruolo sempre più centrale, di progettisti meccanici e montatori trasfertisti. Vorremmo giovani disponibili a viaggiare nel mondo per montare i nostri macchinari”.

Già, il mondo. Quello che Federico Fumagalli conosce bene. E che vuole ampliare sempre di più: “Abbiamo voglia di farci conoscere – ci spiega il Chief Commercial Officer – utilizzando anche Linkedin per accrescere la nostra reputazione, mettendo in evidenza non solo gli aspetti tecnici, ma anche la customer satisfaction, attraverso interviste alle aziende farmaceutiche rispetto al grado di soddisfazione del macchinario che abbiamo fornito. E poi stiamo puntando molto sul servizio post vendita, grazie ad una vera e propria task force formata da sette persone ben preparate per dare supporto al cliente 24 ore su 24”. “Sì, il servizio è importante – fa eco Gerardo Fumagalli – e troppo spesso in Italia ci dimentichiamo di questo aspetto per la nostra quasi esclusiva concentrazione sul prodotto. Invece, far sentire un cliente sereno vale quanto l’affidabilità del prodotto”.

Eccoli i segreti del mestiere, rivelati quasi fossero scontati. Ma scontati non sono, così come non lo sia il fatto che l’azienda comasca abbia un bassissimo turn–over: “La metà di quei pochi che se ne sono andati in questi anni li abbiamo riassunti – esclama soddisfatto il Presidente di Steriline – perché per noi è importante trattenere i collaboratori dopo averli formati”.

Fumagalli si scompone poco, lo fa solo quando il discorso vira verso i limiti del Paese–Italia: “Abbiamo una giustizia lentissima. Ovvio che le imprese straniere prima di investire nel nostro Paese ci pensino o, se sono già qui, scappino. Ma non è solo il processo lento a scoraggiare gli investimenti. La vede la nostra sede più recente che abbiamo costruito di fronte a questa? – indicando, Fumagalli, una costruzione industriale di gradevole e moderna fattura – Abbiamo usato una tecnologia moderna in fibrocemento che ci ha permesso di evitare il cemento armato e, soprattutto, di avere una soluzione antisismica. Ma ci abbiamo messo sette anni. Lo sa perché? Per i continui rinvii delle conferenze di servizi, per gli intralci burocratici, per le pretese di mettere in sicurezza quattro insignificanti robinie in un terreno collocato in zona industriale”. Ma questi intralci non scoraggiano certo questo energico imprenditore che, a mezza voce, ci confida il suo sogno: “Voglio portare qui tutta l’azienda. Eliminare le due strutture esterne e avere tutto centralizzato nel nostro headquarter di Como. L’officina, quella dove costruiamo i nostri macchinari pezzo per pezzo, quella dove cammini tra gli sfridi di lavorazione, dove ti sporchi le mani, la voglio qui”. Gerardo Fumagalli è inarrestabile, ma poi ammette: “Io sto solo pensando a come produrre di più. I miei figli stanno prendendo le redini dell’azienda”.

Prima di lasciare questa azienda modello, quasi in piedi, facciamo un’ultima provocazione, chiediamo un consiglio ai giovani. Gerardo Fumagalli sgrana gli occhi, sospira, e poi calcia il suo rigore che, ovviamente, va a segno: “Devono avere coraggio e buttarsi. Devono darsi da fare senza mai perdere l’umiltà di imparare per tutta la vita. Saper ascoltare e cercare le soluzioni per risolvere i problemi che ogni giorno ci sono. Non bisogna avere paura di mettere sul tavolo i problemi. Un’azienda ha successo proprio perché trova le soluzioni ai problemi propri e a quelli dei clienti, ma non bisogna mai nasconderli”.

A cura di Stefano Rudilosso