MR. ROSS WHIELDON, L’INGLESE DI CADENABBIA

L’entusiasmo di Mr. Ross è così travolgente da riuscire a oltrepassare lo schermo del computer con cui, in tempi di lockdown, siamo costretti a fare l’intervista, contagiando anche chi gli sta di fronte a chilometri di distanza. Nonostante il 2020 sia stato per tutti, e per il turismo in particolare, l’annus horribilis, il sorriso non gli manca mai e nemmeno la battuta. Uno humor inglese impreziosito di buonumore che molti italiani dovrebbero imparare ad avere ogni giorno. Ross Whieldon è un signore inglese, nato in campagna, vicino all’aeroporto di Stansted, a circa 40 miglia da Londra, che da oltre 40 anni vive in Italia dove, da sempre, lavora nell’ambito del settore turistico. Insieme alla moglie Doriana è proprietario di due splendidi hotel, il Britannia Excelsior e il Bazzoni et du Lac, che si affacciano nelle acque del lago di Como, lungo la costa romantica tra Griante e Tremezzo, vicino a sontuose ville di oligarchi russi e attori americani. Ascoltare la sua storia è un po’ come viaggiare nel tempo e per il mondo. Una storia che dovrebbe essere esempio per tanti giovani dei giorni nostri. Temperamento forgiato dal rugby, praticato da ragazzo al college, due ore al giorno, come una vera e propria materia di studio, e dal lavoro estivo fin da quando aveva solo 14 anni, Ross Whieldon, anzi semplicemente Ross come vuol essere chiamato, ha la mente aperta, apertissima, di chi ha girato il mondo e il carattere di chi, come sottolinea lui stesso, ha imparato il gioco di squadra grazie, sempre, all’incredibile mondo del rugby.

Mr. Ross, com’è iniziata la sua esperienza di lavoro in Italia?

Ho conosciuto il vostro Paese da quando avevo 14 anni. I miei genitori ritenevano fosse un buon metodo educativo mandarmi da solo in Italia per collaborare con l’agenzia di viaggi di mio zio. Aiutavo nella gestione dei viaggi organizzati dei turisti inglesi verso la Liguria o, in inverno, sulle piste sciistiche della Valtellina, dove portavamo circa 30mila turisti all’anno. Proprio lì ho conosciuto Doriana, la ragazza che da 40 anni è mia moglie, la cui famiglia era proprietaria di diversi hotel nella zona. Allora non esistevano leggi che vietassero di lavorare al di sotto dei 16 anni, per cui mi occupavo un po’ di tutto: dall’accoglienza all’aeroporto, e parliamo degli anni ’70, all’organizzazione degli spostamenti da Malpensa a Diano Marina, ai briefing mattutini e serali, fino ad essere vera e propria guida turistica. Ricordo giornate interminabili trascorse avanti e indietro sui pullman. E negli anni successivi ho iniziato ad accompagnare i turisti anche nel resto del mondo. Nel 1979 eravamo il primo operatore a portare gli inglesi a sciare negli Stati Uniti. E tra i miei compiti c’era anche quello di recarmi in avanscoperta in tanti luoghi del mondo, poco conosciuti, per scegliere dove mandare i turisti. A diciotto anni era un lavoro incredibile. La California degli anni ’70 era un mondo pazzesco.

Ha incontrato difficoltà all’inizio?

A 14 anni non hai difficoltà. E anche se ce ne fossero state, a quell’età non me ne sarei accorto (afferma ridendo, ndr). Forse erano tempi diversi, ma ricordo giornate di lavoro senza orario, in cui nemmeno mi accorgevo del tempo che passava perché in realtà per me quel lavoro era un divertimento. Il nostro lavoro, lo dico anche da parte di mia moglie, è un piacere. Se uno non ha la passione, in questo lavoro è difficile trasmettere l’entusiasmo agli altri. Quando si ha a che fare con la gente bisogna trasmettere entusiasmo e saper insegnare a tutti a sorridere. Noi dobbiamo essere sempre un po’ attori e dopo una serata impegnativa sapersi alzare al mattino dopo con il sorriso. Bisogna avere savoir-faire con la gente. Nel nostro settore ci sono persone che sicuramente sono molto capaci ma anche piuttosto dure. Ma così è difficile creare un rapporto con la gente che, per noi, è di primaria importanza.

Quali sono gli aspetti positivi nell’operare in Italia?

L’aspetto positivo principale sono sicuramente gli italiani. Perché l’italiano è una persona socievole, simpatica, e per un operatore turistico diventa una sfida ancora più importante perché se non corrispondi a questo carattere con altrettanta simpatia, il cliente italiano ci resta male. L’italiano è benvoluto nel mondo. Se un inglese va in Africa lo guardano storto perché c’è ancora il retaggio delle dominazioni, mentre un italiano è ben visto. Io lo vedo quando viaggio con mia moglie che è italiana, guardano molto meglio lei di me, che ho ancora il passaporto inglese. Devo dirle che è un peccato che non si riesca a far comprendere questo aspetto proprio in Italia. Gli italiani non si rendono conto dell’immagine positiva del loro Paese nel mondo.

E quelli negativi?

L’Hotel Britannia Excelsior a Cadenabbia

Speravo che non mi facesse questa domanda (dice ridendo di gusto, ndr). Me lo chiedono tutti. Ma alla fine sono gli stessi problemi che hanno tutti gli imprenditori italiani: la mancanza di flessibilità, il costo del lavoro troppo alto, la burocrazia, il sistema giuridico troppo lento, la pressione fiscale. Insomma, le solite cose che tutti diciamo da anni, ma alla fine siamo sempre lì (ridendo un’altra volta di gusto, ndr). Non c’è la volontà politica per risolvere questi problemi. Forse il motivo è anche nel numero dei partiti italiani. Vedo che nei Paesi dove ci sono solo due partiti, alla fine chi governa riesce a lavorare. Qui c’è lo stallo. Sono convinto che sia meglio una decisione sbagliata, piuttosto che nessuna decisione.

Ha mai pensato di tornare a lavorare nel suo Paese di origine?

Devo dire che ho sempre lavorato in Inghilterra anche quando ero in Italia. Spesso ero là, anche se ora molto meno. Amo l’Italia per lo stile di vita. Qui si vive bene. Quando mi chiedono cosa mi manca dell’Inghilterra io rispondo sempre copiando la celebre battuta di Dudley Moore: il clima (e ride di gusto, ndr). Lì ci sono un vento e un’umidità che penetrano così tanto nelle ossa che ci vogliono ore per riprendersi. È bello avere un pied-à-terre a Londra per tornare ogni tanto, ma si sta molto meglio sul lago di Como.

Il suo settore è cambiato negli ultimi anni forse anche con l’avvento di Tripadvisor e altre piattaforme di recensioni on-line. Cosa ne pensa?

Confesso che non amo molto queste piattaforme (sempre ridendo, ndr). Hanno dato potere di giudizio a tutti e ovviamente questo si traduce spesso in una lamentela ingiustificata e fine a se stessa. Quando, prima dell’avvento dei computer, operavo nell’agenzia di viaggi avevamo il parametro che una lettera positiva equivalesse a 50 negative. Proprio perché è più facile lamentarsi che lodare. Per non parlare di coloro che durante il soggiorno non si lamentano di nulla e dopo scrivono recensioni negative con la speranza di ottenere un rimborso. Devo dire che mi sono trovato d’accordo con Blair quando affermava che “internet ha dato voce agli idioti”. Lo vediamo anche nei post sui social network, dove c’è sempre una percentuale di idioti che sfoga le proprie frustrazioni.

Cosa pensano i suoi colleghi inglesi dell’Italia?

Ne parlo molto spesso con loro. In Italia abbiamo la reputazione di essere un po’ mezzi banditi che non pagano le tasse e altro del genere. Ma quando spiego loro che le tasse, invece, le paghiamo e soprattutto quanto paghiamo, loro non ci credono. Non riescono a credere che non si possa scaricare un telefonino o a quali controlli siamo sottoposti. Lo sa che quando in Inghilterra devono fare una verifica fiscale, l’imprenditore viene chiamato dall’agenzia un mese prima per concordare l’appuntamento? E hanno anche l’accortezza di chiedere se per caso potrebbero disturbare in quel tal giorno. Uguale all’Italia vero? (ridendo ovviamente, ndr). In Inghilterra la ricevuta fiscale è un optional. Ma nemmeno c’è l’obbligo di avere con sé un documento. Quando apri un conto in banca è sufficiente andare con la bolletta che attesta il pagamento dell’elettricità. Niente altro.

Ma il motivo di questo diverso atteggiamento dello Stato potrebbe essere nella proverbiale onestà dei popoli nordici?

Quando è arrivata al potere, Margaret Thatcher ha dimezzato le imposte. Prima c’era una tassazione di circa il 60% e lei l’ha portata al 30%. Ebbene, ha ottenuto un incasso maggiore dimezzando le imposte rispetto a quando erano molto più alte. Probabilmente è un metodo che potrebbe funzionare anche in Italia, insieme ad una indispensabile semplificazione della modalità di tassazione. Lo sa che la cosa più difficile è spiegare a un commercialista inglese che in Italia ci sono imposte non deducibili come l’IMU (ridendo, ndr)?

L’Hotel Bazzoni a Tremezzo

Cosa ne pensa della Brexit?

Se avessi potuto votare, avrei votato di rimanere in Europa. Ma siccome sono fuori dall’Inghilterra da oltre otto anni, non ho potuto votare. E non ho mai votato nemmeno in Italia, perché non ho la cittadinanza italiana. Pago le tasse in due Paesi e non voto in nessuno dei due. Sono l’eccezione al classico detto “No taxation without representation” (ridendo di gusto, ndr).

Ma sarà un danno per l’economia inglese?

Penso che sia sufficientemente agile da non aver problemi. L’importante è che non salga al potere un pazzo come Corbin. E, devo aggiungere, ciò che salva il Regno Unito è l’indipendenza finanziaria della banca nazionale. Inoltre, la produttività pro-capite è molto più elevata della nostra.

Il 2020 è stato un anno molto difficile per tutti settori economici e, in particolare, per il turismo a causa della pandemia. Come vede il prossimo anno?

Il 2020 non lo recuperiamo più e sarà difficile tornare ai livelli del 2019. Però devo dire che da quando hanno annunciato il vaccino sono cominciate ad arrivare le prenotazioni degli stranieri per la primavera del 2021. È una luce in fondo al tunnel che ci dà molta speranza.

Quali sono i consigli che darebbe ad un giovane?

Consiglio di non arrendersi mai e di avere sempre un sorriso in volto. Perché quando uno è contento riesce a fare tutto.

A cura di Stefano Rudilosso