
Nel mondo del design e dell’architettura, alcune realtà non nascono da un piano industriale, ma da un’intuizione capace di cambiare le regole del gioco. Dresswall è una di queste. Fondata nel 2011 da Silvia Zoia e Luca Mascheroni, l’azienda prende forma da un’idea tanto semplice quanto rivoluzionaria: creare un sistema di pareti luminose e modulari in grado di coniugare estetica, funzionalità e semplicità di utilizzo. Oggi, Dresswall è riconosciuta come un punto di riferimento nel settore del design per la sua capacità di unire estetica e tecnica, instaurando un dialogo costante con architetti, designer, progettisti e creativi da tutto il mondo. Nel 2025 questa filosofia si è tradotta in uno spazio fisico – Dresswall Space – inaugurato lo scorso settembre: uno showroom-manifesto che rende visibile e tangibile il concetto di “ecosistema Dresswall”. Un luogo in cui architettura, illuminazione, comunicazione visiva e acustica si intrecciano restituendo un’esperienza sensoriale totale, dove nulla è lasciato al caso e tutto è pensato per essere montato, smontato e reinventato infinite volte. Insieme a Riccardo – seconda generazione da poco più di un anno ufficialmente parte del progetto Dresswall – Silvia e Luca, ho ripercorso la storia, la filosofia e il futuro di un’azienda che continua a evolversi senza perdere il contatto con le sue radici.
Silvia, Luca, Riccardo, partiamo dall’inizio: come nasce Dresswall?
Silvia – Dresswall nasce nel 2011 da un’esigenza precisa del mercato dell’exhibition design e degli allestimenti fieristici. Tutto ciò che siamo oggi deriva dal bisogno di persone che hanno un’idea e desiderano renderla viva. All’inizio la richiesta principale riguardava la creazione di pareti luminose, soprattutto per la comunicazione visiva. Abbiamo quindi iniziato a studiare un sistema versatile, intuitivo e semplice da installare, che permettesse anche a chi non avesse competenze specifiche di poterlo gestire senza difficoltà. Da una riflessione sui tessuti e sulla loro capacità di comunicare quando accostati alla comunicazione grafica, è scattata la scintilla. Da quell’intuizione è iniziato tutto.
Definite Dresswall un ecosistema di prodotti e servizi. Cosa significa concretamente “ecosistema”?

Riccardo – Intorno al 2010, nel settore del design — partendo dagli allestimenti, fino poi ad arrivare all’interior — cominciava a emergere la richiesta di pareti luminose, dotate di una grafica stampata. In questo contesto, noi, forti del nostro know-how sulla lavorazione dell’alluminio, nonché del disegno di profili, e sulla capacità di progettare sistemi modulari, abbiamo creato il nostro primo sistema di pareti luminose: Dresswall. L’obiettivo era offrire una nuova forma di comunicazione visiva, ciò che oggi chiamiamo Dresswall Visuals. Negli anni successivi abbiamo capito che, attraverso un’approfondita ricerca a livello illuminotecnico, potevamo dare vita a qualcosa di più. Abbiamo sviluppato barre LED ad-hoc marchiate Dresswall, dando vita a un vero e proprio sistema di illuminazione: così è nato Dresswall Lights. Lo stesso principio, applicato ai materiali per la fonoassrobenza, ha portato alla nascita di Dresswall Acoustics. Il nostro percorso parte da Visuals e si espande con Lights e Acoustics, costruendo un linguaggio trasversale applicabile ad ogni contesto. Da lì sono poi nati anche Stripes, XYZ, e Grids, andando a creare quello che noi definiamo oggi Ecosistema Dresswall: un insieme di soluzioni capaci di dialogare tra loro e adattarsi a qualsiasi esigenza progettuale.
Come spiegate in una frase a chi non vi conosce cosa fate?
Silvia – Rispondiamo alle esigenze di architetti, designer e progettisti. Non bisogna pensare a Dresswall come a un’azienda che produce semplicemente qualcosa: accogliamo idee, anche le più folli, e, affiancando il progettista nello sviluppo, le rendiamo realtà.
Riccardo – Abbiamo colto un bisogno e lo abbiamo tradotto in una soluzione tecnica concreta. Dresswall non è solo prodotto, è un metodo e un approccio progettuale. Lavoriamo esclusivamente su misura: non esistono prodotti standard, perché ogni progetto nasce dal dialogo con chi lo immagina. Il progettista arriva con un’idea, e insieme la sviluppiamo e co-creiamo. Plasmiamo i nostri sistemi intorno ai suoi bisogni, fornendo supporto totale del nostro ufficio tecnico, da calcoli illuminotecnici, fino a test di prestazioni acustiche.
“Dove il genio creativo incontra l’ingegneria”. In cosa si traduce questo incontro?
Riccardo – Il genio creativo è chi concepisce l’idea, chi ne immagina la forma. L’ingegneria è il nostro contributo: dare a quella intuizione una struttura concreta, farla funzionare. A volte nel mondo del design le due sfere faticano a incontrarsi: ci sono progetti bellissimi, ma non tecnicamente realizzabili, o soluzioni perfette dal punto di vista tecnico ma prive di fascino estetico. Una delle missioni di Dresswall è proprio quella di unire questi due mondi.
Cosa rende unici i vostri sistemi?
Silvia – La semplicità di installazione è il nostro tratto distintivo. La nostra filosofia è rendere intuitive le cose complesse e il nostro obiettivo è renderle semplici. I nostri sistemi sono progettati perché chiunque, anche senza esperienza, possa installarli.
Riccardo – Concordo a pieno con Silvia. Tutto quello che dice è dimostrato dal fatto che solo una piccola percentuale dei nostri lavori viene installata direttamente da noi: non perché non forniamo il servizio di installazione, ma perché non è necessario che venga svolto direttamente da noi. La semplicità è percepita immediatamente da chi utilizza i sistemi Dresswall.
Silvia – Inoltre, le nostre strutture sono modulari e reversibili: una parete per la comunicazione visiva può diventare un sistema di illuminazione o un pannello fonoassorbente convertendo alcuni elementi. Nel tempo, la funzione del tuo Dresswall può cambiare e adeguarsi alle tue esigenze.
Luca – Un’altra caratteristica che ci distingue è l’adattabilità infinita: i nostri telai possono essere smontati e riutilizzati senza perdere qualità o stabilità. Un esempio? Il grande lampadario installato all’ingresso di Dresswall Space può essere smontato e, con un semplice supporto, trasformato in una parete divisoria luminosa su entrambi i lati.
Qual è l’essenza del metodo Dresswall?
Luca – Il nostro approccio è quello di accogliere la richiesta del progettista e trasformarla in realtà attraverso il nostro know-how tecnico e le tecnologie Dresswall. Il nostro custom non è mai fine a se stesso: ogni progetto è un’opportunità per accrescere le nostre competenze e, contestualmente, far crescere il nostro ecosistema.
Riccardo – Aggiungo che per noi non esistono limiti. Ogni richiesta è un’occasione per sperimentare.
Che ruolo hanno i giovani talenti in azienda?
Riccardo – Siamo un’azienda molto giovane. Io ho 26 anni e la nostra età media aziendale è di 31 anni. Da noi c’è una passione contagiosa. Tutte le persone che fanno parte di Dresswall sono per noi dei preziosi collaboratori. C’è un forte senso di responsabilità condivisa e ogni sfida che Dresswall vince, è per noi un traguardo collettivo.
Silvia – Anche nei momenti più intensi, come durante il periodo del Salone del Mobile, non dobbiamo mai chiedere maggiore impegno: c’è una disponibilità naturale. Il rispetto reciproco è alla base del nostro lavoro.
Luca – Quando assumiamo una nuova figura professionale, guardiamo principalmente all’educazione e all’intelligenza: il lavoro si impara, mentre l’educazione è un requisito imprescindibile per entrare a far parte di Dresswall.
In questo momento state già vivendo un passaggio generazionale?
Silvia – Non stiamo vivendo un vero passaggio generazionale, ma una crescita condivisa. Dresswall è una realtà giovane e Riccardo sta maturando insieme all’azienda. Porta novità, spunti e un punto di vista fresco che ci aiuta a evolverci e innovarci giorno dopo giorno.
Riccardo – Più che un passaggio, è un affiancamento generazionale. Sono cresciuto respirando l’azienda. Fin da piccolo ho vissuto la quotidianità di Dresswall. La prima volta che mi hanno chiesto di presentare i nostri prodotti è stato nel 2018 ad Architect@Work Milano e non avevo nemmeno 20 anni. È stato un momento importante: ho percepito la fiducia che i miei genitori avevano in me e mi sono appassionato ancora di più a questo mondo. Oggi sto affrontando un percorso di rotation che mi porterà, nell’arco di circa tre anni, ad esplorare e conoscere ogni area aziendale — amministrazione, ufficio tecnico, ufficio commerciale e produzione. Attualmente mi sto avvicinando al dipartimento di produzione, per comprendere a fondo i materiali e i processi produttivi.
“Non c’è limite a ciò che potete immaginare e a ciò che potete progettare”. Se tutto è possibile, qual è stato il progetto più folle che avete realizzato?
Silvia – Uno dei progetti che più ci rappresenta è uno stand sviluppato e realizzato per un cliente in occasione del Salone del Mobile e poi riadattato per sei suoi showroom nel mondo — New York, Tokyo, Londra, Shanghai, Milano, Parigi, e presto a Los Angeles. La complessità non stava tanto nella struttura da un punto di vista tecnico, ma nella capacità di cogliere un’esigenza del cliente e offrirgli una soluzione versatile, riutilizzabile e adattabile.
Luca – Per me è stato un lampadario Dresswall Lights circolare di 14 metri di diametro, realizzato per un cliente in occasione del Salone del Mobile, sospeso a 7 metri d’altezza: è stata una sfida in primis con noi stessi considerate le dimensioni, sia da un punto di vista meccanico, che da un punto di vista illuminotecnico, in quanto garantire un’illuminazione omogenea su superfici di tali dimensioni è tutt’altro che semplice. È stato un progetto molto complesso e impegnativo, ma perfettamente riuscito.

Riccardo – Un altro progetto notevole, se non incredibile, è stato un Dresswall Lights installato a sospensione lungo 39 metri e largo 3 metri e mezzo: un vero e proprio lampadario da poco più di 135 metri quadrati di superficie, che montava un unico telo da illuminazione. Anch’esso realizzato per un importante cliente in occasione del Salone del Mobile, è stato poi ridimensionato per poter essere riproposto nel loro showroom.
A settembre di quest’anno è stato inaugurato Dresswall Space. Da dove nasce il bisogno di un vostro spazio fisico?
Riccardo – Nel mondo del design, quando si fa prodotto, avere uno showroom è fondamentale: serve un luogo che ti rappresenti pienamente. Dresswall Space nasce dal desiderio di mostrare, in modo tangibile, che per noi non esistono né limiti dimensionali né creativi. È il posto dove tutto ciò che raccontiamo prende forma e può essere vissuto e sperimentato direttamente. È dove “l’origine delle possibilità” – l’espressione che ci accompagna da anni – vive.
Silvia – Finora siamo sempre riusciti a spiegare ciò che facciamo attraverso le immagini, ma con Dresswall Space il messaggio è immediato, intuitivo, reale.
Quindi cosa rappresenta lo showroom Dresswall?
Riccardo – Dresswall Space è la rappresentazione fisica del nostro ecosistema. È un luogo dove ogni elemento, ogni superficie e ogni ambientazione è prodotta da noi. Chi entra percepisce armonia e coerenza: è uno spazio diviso in ambienti, che rappresentano diverse situazioni di applicazione di Dresswall, a testimonianza della trasversalità dei nostri sistemi. È un ambiente immersivo, pensato per mostrare come i nostri sistemi si integrano tra loro, liberando il potenziale espressivo di ogni progetto e di chi lo concepisce.

Che cosa deve provare chi entra nel Dresswall Space per la prima volta?
Luca – Vogliamo che provi una sensazione di immersione totale. Che veda, senta e percepisca cosa significhi “l’origine delle possibilità”. All’interno le persone comprendono che non ci sono limiti: ogni superficie, ogni luce, ogni dettaglio racconta la nostra filosofia. È un luogo dove il prodotto si trasforma in esperienza.
L’alluminio è il vostro materiale d’elezione. Una scelta anche sostenibile?
Riccardo – Assolutamente sì. Tutti i nostri sistemi sono realizzati in alluminio, un materiale nobile, durevole e completamente riciclabile. È una scelta tecnica ma anche etica: siamo molto attenti all’impatto ambientale, e ci accertiamo di approvvigionare alluminio certificato EPD che attesti la sostenibilità del materiale.
Dresswall premia quindi la sostenibilità e la produzione locale. Come tutto questo è visibile in Dresswall Space?
Silvia – In Dresswall Space la sostenibilità è visibile ovunque: ogni elemento, incluso il rivestimento esterno dell’edificio, è stato realizzato riutilizzando materiali provenienti dai nostri stand degli ultimi due anni al Salone del Mobile. È un esempio concreto di come pensiamo il design: modulare, riutilizzabile e rispettoso dell’ambiente. Inoltre, in base alle esigenze dei nostri clienti, progettiamo installazioni che possono essere smontati e rimontati in altri contesti, dando nuova vita alle strutture esistenti. L’alluminio non si deforma, non si deteriora e mantiene inalterate le sue prestazioni nel tempo.
Dopo questa prima importante tappa, quali sono le prossime sfide?
Luca – Dresswall Space è un punto di partenza per una nuova fase. L’obiettivo è stato quello di creare uno spazio che sia luogo di incontro per progettisti e designer. Il nostro prodotto ha bisogno di essere vissuto, progettato. Uno spazio come questo può diventare un catalizzatore di ispirazione e di dialogo, e sono molto curioso di conoscere quali nuove idee e applicazioni Dresswall Space sarà in grado di stimolare.
Riccardo – Il nostro obiettivo non è quello di una crescita fine a se stessa, bensì quello di crescere per poter preservare e continuare a garantire un ambiente di lavoro etico e sano in cui le persone desiderino restare, sentirsi parte del progetto e costruire il proprio futuro insieme a noi. A me piace pensare che Dresswall sia, per chi ci lavora, un luogo dove potersi realizzare come individuo e come professionista, perché, al centro di tutto, prima ancora della luce, del design o della tecnologia, ci sono sempre le persone.
A cura di Caterina Malacrida
