Misura ogni parola. Le sceglie con cura. Quasi le accarezza con un garbo d’altri tempi, con un’ars oratoria che ha quel gusto di profonda cultura classica di cui il suo intraprendere quotidiano è intriso. D’altronde, il mantra di Paolo Arrigoni, Ceo dell’omonima azienda leader nel settore delle reti in polietilene per agricoltura ed edilizia, è una parola greca: etica. E non poteva essere diversamente. Ricorre continuamente in ciò che dice ma, soprattutto, in ciò che fa, da sempre. Quell’azione volta al bene, quella condotta che sta alla base di ogni azione, che fa sì che etica diventi il fine. Come, per esempio, consentire che una pianta possa essere messa nelle condizioni di fare ciò per cui è nata: “vivere e fruttificare in modo sano, senza dover spendere più energie per difendersi” sottolinea Arrigoni. O, ancora, permettere di evitare l’utilizzo di sostanze dannose come pesticidi nell’agricoltura. Grazie, ovviamente, ai suoi prodotti, che proteggono le colture più pregiate, più indifese, più specializzate. E insieme all’etica, nella filosofia imprenditoriale e umana di Paolo Arrigoni c’è un’altra parola importante di derivazione greca: estetica. La scienza dell’arte e del bello. Perché i prodotti di Arrigoni Spa oltre che etici e utili sono anche belli. Paolo Arrigoni ha una formazione classica, ama la natura, è figlio di un tessitore e di una farmacista. Fin dall’inizio: natura, salute e… telai. Ma anche bellezza. Come coniugare allora questi elementi, così apparentemente diversi tra loro? Da una riflessione circa l’armonia. Armonia, per una coltura, è crescere e svilupparsi in un ambiente favorevole. E l’ambiente favorevole, visto che in natura non sempre c’è o, perlomeno, visto che l’uomo, nei secoli, ha modificato l’ambiente naturale, Arrigoni lo ha creato mediante innovativi schermi agrotessili che consentono alla pianta di “dialogare” e rapportarsi con il “territorio” assorbendo quindi la forza stessa della natura: aria, acqua, sole. Ed essendo contemporaneamente protetta da eventi climatici esterni e dagli attacchi degli insetti. L’ambiente, il microclima favorevole rendono la pianta più sana e forte. Ha quindi meno bisogno di trattamenti, di pesticidi. Non deve difendersi dalle avversità climatiche e investe le sue energie nel produrre, nel fruttificare, incrementando salubrità e contenuto di polifenoli e contribuendo ad un’agricoltura moderna e sostenibile.
Dott. Arrigoni, veniamo alla sua impresa: di voi scrivete che avete 60 anni di esperienza perché realizzate tessuti tecnici in polietilene dal 1959, ma in realtà siete tessitori da molti anni prima, dal 1936. Qual è il segreto per dare continuità all’azienda, superare una guerra mondiale, le crisi petrolifere e, oggi, una pandemia a carattere globale?
Penso che tra le caratteristiche migliori degli italiani vi siano quelle dell’elasticità e della capacità di cambiamento. Io faccio l’imprenditore, ma anche i nostri operai sono meno rigidi e più propensi al cambiamento. La nostra partenza nel tessile deriva da mio nonno, che è stato per tanti anni direttore di stabilimenti tessili e nel 1936, a Bizzarone, ha aperto l’attuale nostra sede logistica, dove ha iniziato insieme a mio padre Giovanni Arrigoni che l’ha subito affiancato. Si occupavano di tessuti per camiceria di alto livello qualitativo e si fregiavano di essere fornitori della Real Casa. Il tessile è un settore da sempre soggetto a cicli di sviluppo e di crisi. Ricordo che negli anni ‘60, in occasione di un periodo di crisi per l’azienda, un amico e compagno d’arme di mio padre, un ingegnere chimico ci ha introdotto nel mondo delle nuove fibre, come il polietilene che per noi italiani nasce con Natta a Milano. Fu così che in azienda si cominciò a tessere il filo tecnico pensando a un paio di applicazioni: in agricoltura come reti antigrandine e per la raccolta di olive e nell’ambito dell’imballaggio. Negli anni successivi, con il mio ingresso nell’impresa, mi resi conto che c’era un disallineamento tra i tanti prodotti che facevamo e la dimensione piccola dell’azienda. Per cui nacque la riflessione circa la necessità di una specializzazione in qualche direzione. E vinse l’agricoltura, in virtù del mio amore per la campagna, per il verde e la natura. Negli anni abbiamo ampliato la gamma dei prodotti e i mercati in cui siamo presenti, introducendo le sedi produttive in Puglia, in Veneto e successivamente in Romania. Ma sempre con la mentalità del manifatturiero, cioè di colui che è molto attento alla qualità del proprio prodotto, è altrettanto attento a migliorare il processo, ma non è del tutto conscio dell’utilità che va a fornire con il prodotto.
Ma pur essendo manifatturieri, negli anni, l’avete ben compresa l’utilità del vostro prodotto.
Il vero salto qualitativo è avvenuto negli ultimi dieci anni, grazie all’ingresso in azienda, sui tavoli di ricerca, degli agronomi che ci hanno aiutato a comprendere l’utilità che il nostro prodotto va a soddisfare. Ammetto che è stata una lenta e costante rivoluzione sul prodotto che sta continuando tuttora. La nostra flessibilità ci rende pronti a recepire le esigenze che man mano ci vengono poste dal mondo della orticultura e frutticoltura. Abbiamo iniziato studiando come risolvere la problematica degli insetti, creando schermi anti insetti sempre più fitti che però recavano con sé la difficoltà di un insufficiente passaggio d’aria. Queste esigenze ci hanno portato ad affinare gli studi relativi alla trasmissione dei fluidi. Col tempo sono nate esigenze diverse, come l’aumento della temperatura a causa dei cambiamenti climatici che rende più complesso coltivare in certe latitudini. Per cui il nostro prodotto è passato dall’avere un’accezione declinata quasi al negativo, a causa del prefisso “anti”, come anti pioggia, anti grandine, anti vento, a diventare un elemento di miglioramento del microclima ideale per ogni genere di coltura in ogni latitudine. Il nostro obiettivo diventa quello di mettere la pianta nelle condizioni migliori per produrre. Forti alleati nel successo che stiamo ottenendo, oltre al cambiamento climatico, sono anche la tendenza verso un cibo più sano e più sicuro e la produzione legislativa europea che va in questa direzione. E l’Italia è una vera palestra per noi, perché è il Paese che applica la normativa in modo più rigoroso.
Com’è avvenuta l’introduzione di Industria 4.0 all’interno della sua azienda?
Industria 4.0 ha significato una maggiore partecipazione e una maggiore responsabilizzazione degli operatori. Ha accorciato la catena di comando. Per ora è implementata solo nello stabilimento di Putignano, mentre a Schio l’abbiamo appena iniziata ed è limitata ad un reparto ma è nei piani di estenderla. Il terzo step sarà la fabbrica in Romania. In Puglia è stata accolta con entusiasmo dai nostri giovani collaboratori sicuramente più abituati ad interagire con il computer e hanno apprezzato l’abolizione del pezzo di carta che girava in azienda. Ha dato maggiore consapevolezza agli operatori, oltre al fatto che ora siamo in possesso di una importante mole di dati che consentono all’azienda di poter prendere decisioni in modo più consapevole. Sicuramente Industria 4.0 dev’essere una materia attiva per dare dei risultati. Non è solo una questione tecnica di installazione, bisogna saperla utilizzare.
Nella vostra attività ha un ruolo importantissimo la Ricerca&Sviluppo. Quanto investite in questo settore e, soprattutto, come?
Più che di quanto investiamo, preferisco parlare di quanta resa ha l’investimento in Ricerca&Sviluppo. Senza spendere grandi cifre abbiamo un ritorno enorme perché nel nostro settore nessuno dei nostri concorrenti lo fa. Abbiamo ottimi ritorni anche dalla collaborazione con le università. Le confesso che io sono un fanatico del mondo dell’agricoltura perché, a tutti i livelli, le persone che lavorano in questo ambito sono sane dentro. È l’opposto del mondo della finanza, che molto spesso esaspera i numeri e crea delle bolle del nulla. Mentre qui c’è molta concretezza. È bellissimo vedere l’entusiasmo dei docenti universitari, persone appassionate che godono nel vedere un risultato positivo e nel poter diffondere un nuovo metodo di coltivazione. Pensi, giusto per farle un esempio, che collaboriamo con un professore che ha creato nuove varietà di ciliegie e lui si sente come il loro papà. È davvero un ambiente sano.
Siete presenti in 72 Paesi nel mondo.
A onor del vero devo dire che abbiamo 72 bandierine. Alcune piccoline, perché alcuni dei nostri prodotti che noi abbiamo chiamato advanced agrotextiles sono unici nel genere. Fortunatamente i nostri concorrenti sono un po’ in ritardo. Per cui i clienti di certe aree lontane per le loro esigenze specifiche possono rivolgersi solo a noi.
Come si fa ad internazionalizzare prodotto e impresa?
È stato un cammino lungo, utilizzando in passato sistemi molto tradizionali. All’inizio sono state le fiere, da quelle italiane a quelle europee, e poi fiere in Paesi lontani e dopo averle fatte da soli ci siamo avvalsi di distributori che supportiamo inviando le nostre immagini e, soprattutto, i nostri agronomi come supporto tecnico negli stand. Oggi, inoltre, siamo molto presenti sulla stampa specializzata. I nostri budget di comunicazione non ci consentono di comunicare sui media generalisti, ma lo facciamo fortemente sui media settoriali e con la spinta del Covid abbiamo accentuato i social media di cui quasi ignoravo l’esistenza, perché personalmente non compaio da nessuna parte. Ma vediamo che soprattutto Instagram e Facebook hanno un ottimo seguito. Sui social ci sono quelli che scherzosamente chiamo gli utenti pigri, che alla lettura di testi preferiscono lo scorrere di immagini. Oggi inoltre poniamo molta attenzione ai meeting tecnici locali, radunando agricoltori di una certa zona e i nostri agronomi fanno una presentazione customizzata sulla base delle esigenze riscontrate.
Cos’è la sostenibilità per lei?
Sostenibilità è lasciare un mondo possibilmente migliore di quello che abbiamo trovato. Io dico sempre ai nostri giovani collaboratori che abbiamo la fortuna di offrire un cibo più sano e minore inquinamento. Credo che oltre ad essere sostenibile sia anche una bella cosa, utile ed etica.
Parliamo di formazione: da dove arrivano i vostri collaboratori? Riuscite a trovarli formati o dovete provvedere voi?
Con l’università abbiamo ottimi rapporti e riusciamo a collaborare. Purtroppo, constato una forte carenza di scuole professionali valide nel nostro settore. A Como abbiamo il nostro bellissimo Setificio, che ha avuto e ha tuttora un’ottima ragione di esistere. Però di istituti professionali che dialoghino con le imprese e che preparino seriamente ne vedo la mancanza. Prima ho parlato bene dell’Italia, ma ora ne voglio parlare male. Da noi si va troppo a comparti stagni: per il nostro sistema o studi o lavori. In tanti Paesi esteri esiste davvero una forte collaborazione con le imprese e c’è l’obbligo di stage annuali. Dobbiamo insistere anche noi per creare maggiori interconnessioni tra scuole e imprese in modo da affiancare ad una giusta formazione culturale anche un approccio più vicino al mondo del lavoro. Vorrei però esprimere forte gratitudine al mio team e ai miei collaboratori, che con capacità, entusiasmo e dedizione mi affiancano in questo bellissimo progetto.
A proposito di progetti, ce ne vuole svelare uno futuro?
Posso dire che l’azienda continuerà nel settore del benessere della pianta perché riteniamo che ci sia ancora molto da fare. Ma, a proposito di elasticità, stiamo immaginando cosa fare da grandi, quali argomenti potrebbero essere interessanti per i prossimi anni. Fino ad oggi è stato un po’ trascurato il benessere animale. La legislazione europea sta studiando questo problema e sembra che il nuovo pacchetto di aiuti all’agricoltura possa dare delle variazioni di normativa importanti nel settore dell’allevamento. Per esempio, in quello avicolo, dove si proporrà di dare uno spazio esterno ai volatili che possa assicurare migliori condizioni di vita ma naturalmente dovrà essere uno spazio confinato per impedire il contatto con uccelli migratori. Anche qui sarà non trascurabile l’aspetto della riduzione della temperatura e penso che il nostro prossimo periodo possa prevedere queste nuove applicazioni.
Per concludere, un messaggio ai giovani?
Fortunatamente in questi ultimi anni gli argomenti circa il benessere del pianeta, che poi è il benessere di ciascuno di noi, si stanno accentuando. Se avremo tutti un approccio non ideologico ma concreto a queste tematiche, potremo avere una vita più sana che eviti gli eccessi di consumismo. Noi oggi dobbiamo migliorare la nostra piacevolezza di vita a prescindere dal costo delle cose: respirare meglio, mangiare meglio, amare la natura. Io penso che questo periodo stia elaborando questo nuovo pensiero. Per cui ritorno all’armonia che secondo me dovrebbe essere proprio il faro che dovrebbe permeare le nostre azioni.
A cura di Stefano Rudilosso