Un angolo d’oriente a Cantù: intervista ad Angelo Sun

Incontrare Angelo significa immergersi in una storia di passione, sacrificio e coraggio. Il suo nome di battesimo è An Chi, ma tutti lo conoscono semplicemente come “Angelo della Muraglia” e basta nominarlo perché chiunque a Cantù sappia esattamente di chi si sta parlando. Da oltre 35 anni, Angelo, insieme a sua moglie e ai suoi fedeli collaboratori, è il cuore pulsante di uno dei ristoranti cinesi più longevi e amati della provincia di Como, fondato nel 1988. Dopo l’infanzia in Cina, la sua seconda vita inizia a soli 16 anni quando lasciò la sua terra d’origine per costruirsi una nuova vita in Italia, iniziando un racconto che intreccia tradizione e innovazione, legami familiari e visione imprenditoriale. Con la sua dedizione instancabile, Angelo ha trasformato il suo ristorante, La Muraglia, in un punto di riferimento per chi cerca autenticità e qualità, mantenendo vive le tradizioni culinarie della sua terra d’origine, pur abbracciando con affetto la cultura italiana. Tra le sfide affrontate e i sogni per il futuro, il suo percorso è un esempio di come la passione possa portare al successo, anche quando le difficoltà sembrano insormontabili.

Angelo, la tua storia parte da molto lontano. Come è iniziata la tua avventura qui in Italia?

La mia avventura in Italia è iniziata molto presto, quando avevo solo 16 anni. La mia famiglia è presente in Italia da molto tempo, con un legame storico che risale agli anni ’60. Il nostro cognome, Sun, ha una lunga tradizione nel campo della ristorazione e del commercio alimentare: mio zio, ad esempio, si è trasferito a Bologna negli anni ’60 per poi spostarsi a Milano, dove ha avviato uno dei primi ristoranti cinesi in Italia fondando, contemporaneamente, anche una società di import-export di prodotti alimentari cinesi. Quando sono arrivato a Milano, ho cominciato subito a lavorare nel settore con lui, apprendendo i segreti della cucina e del servizio. Dopo qualche anno passato in cucina come cuoco, ho deciso di aprire il mio ristorante a Cantù, portando avanti le tradizioni della mia famiglia e cercando al contempo di integrarmi nella comunità locale.

Aprire un ristorante cinese a Cantù negli anni ’80 deve essere stata una sfida. Come è stata accolta la tua attività?

Sì, è stato davvero un passo importante e, a dire il vero, non facile. Cantù, negli anni ’80, era una realtà molto diversa rispetto a Milano. A Milano, c’era già una certa apertura verso la cucina internazionale, soprattutto quella cinese, che iniziava a essere conosciuta grazie a ristoranti come quello di mio zio. Cantù invece era una piazza molto più tradizionale e chiusa, non abituata alla cucina orientale.

Come hai affrontato le difficoltà iniziali?

I primi due anni sono stati particolarmente difficili. Molte persone erano scettiche riguardo al nostro ristorante. In molti pensavano che fosse una cosa “strana” e non si fidavano di provare piatti così diversi da quelli della tradizione italiana. Abbiamo faticato a farci conoscere e apprezzare, ma io e mia moglie eravamo giovani e determinati. Abbiamo deciso di non scoraggiarci e di affrontare queste difficoltà con pazienza e dedizione. Piano piano, abbiamo cominciato a vedere dei miglioramenti. Le persone che ci davano una chance tornavano perché apprezzavano la qualità dei nostri piatti, la cura nella preparazione e l’accoglienza che offrivamo. Ci siamo concentrati sulla creazione di un rapporto di fiducia con i nostri clienti, e questo ha fatto la differenza. Dopo due anni di sacrifici, il ristorante ha cominciato a crescere, sia in termini di popolarità che di clienti.

Ad oggi La Muraglia è senza dubbio il ristorante cinese più longevo nella provincia di Como. Come hai mantenuto il successo nel tempo?

Siamo sicuramente uno dei ristoranti cinesi più longevi della provincia, se non il più longevo. Quando abbiamo iniziato, non c’erano molti ristoranti cinesi in questa zona. Oggi, molti ristoranti hanno adottato una cucina fusion, mescolando piatti cinesi con sushi e altre tradizioni asiatiche, ma io ho deciso di mantenere la cucina tradizionale cinese, e credo che questa sia stata una delle nostre forze. La qualità, la coerenza e il rapporto con il cliente sono fondamentali. In passato avevo pensato di aprire altre filiali, magari creare una piccola catena di ristoranti, ma mia moglie mi ha fatto riflettere, dicendomi: “Perché aprire tanti locali se poi rischi di non gestirne bene nemmeno uno?”. Aveva ragione. Così ho deciso di concentrarmi su un solo ristorante, facendo in modo che fosse il migliore possibile, mettendo tutta la mia energia e il mio impegno nel garantire la qualità del servizio e del rapporto con le persone.

Qual è il piatto della Muraglia più apprezzato dai tuoi clienti?

Beh, sai, quando si pensa alla cucina cinese in Italia, i primi piatti che vengono in mente sono sicuramente i classici involtini primavera, il riso alla cantonese e il pollo con le mandorle. Questi sono i grandi classici, quelli che i clienti ordinano più frequentemente. Tuttavia, nel nostro ristorante abbiamo anche molti piatti più particolari che la gente apprezza tantissimo, come i gamberi sale e pepe, che sono uno dei piatti preferiti di tanti clienti, o il pollo con gli anacardi. Inoltre, proponiamo molti tipi di ravioli al vapore, i famosi “dimsum”, e diverse proposte cotte in terracotta, come l’anatra arrosto alla pechinese. Offriamo un’ampia varietà di piatti, e credo che proprio questa vasta offerta e attenzione alla qualità siano uno dei motivi per cui i clienti continuano a scegliere noi, La Muraglia.

Parlando di differenze tra Italia e Cina, quali pensi siano i maggiori vantaggi e svantaggi di fare impresa in Italia rispetto alla Cina?

Fare impresa in Italia e in Cina è molto diverso, soprattutto per quanto riguarda la velocità con cui le cose si muovono. In Cina, il mercato è estremamente dinamico, tutto si svolge con una rapidità incredibile. Ad esempio, se in Cina hai un problema tecnico, come un guasto al telefono, in poche ore lo risolvono; qui in Italia invece ci vuole spesso molto più tempo: questo rallenta il lavoro, comportando, soprattutto nel mio caso, una vera e propria perdita di clienti. Un altro grande vantaggio della Cina è la burocrazia, che è molto più snella rispetto all’Italia. Qui la burocrazia è uno dei maggiori ostacoli per gli imprenditori: aprire un’attività o ottenere permessi può richiedere mesi, mentre in Cina tutto è più fluido e diretto. Nel mio piccolo, parlando con il sindaco di Cantù, gli ho espressamente detto che bisognerebbe fare di più per sostenere i commercianti locali. Un tempo Cantù era un centro fiorente, con tanti negozi aperti e attività in crescita. Oggi, invece, molte strade sono buie e tanti negozi sono chiusi. Credo che il comune e le autorità dovrebbero fare di più per rivitalizzare il commercio, offrendo incentivi a nuovi e giovani imprenditori. Rispetto alla Cina, in Italia si ha comunque il vantaggio di un mercato più stabile, con una clientela molto affezionata e legata alla qualità dei prodotti. Anche se il sistema è più lento, chi riesce a costruire una base solida di clienti, come abbiamo fatto noi, può contare su una continuità che nel mercato cinese, in costante evoluzione, potrebbe essere più difficile da mantenere. Entrambi i Paesi offrono opportunità, ma con sfide diverse: l’Italia richiede più pazienza e perseveranza, mentre la Cina ti spinge a essere più rapido e adattabile.

Ti piacerebbe tornare in Cina? O ti senti ormai più legato all’Italia?

Certo, mi piacerebbe andare in Cina per visitare i miei parenti e vedere come sta cambiando il Paese, ma, onestamente, preferisco vivere in Italia. Dopo tutto, sono qui da quando avevo 16 anni. Ho costruito la mia vita, la mia famiglia e la mia attività qui, ho amici italiani e mi sono abituato al clima e alla cultura. In Cina le estati sono caldissime, e nonostante sia la mia terra d’origine, ormai soffro quel tipo di clima. Poi, anche se a casa mangiamo prevalentemente cucina cinese, mi piace moltissimo la cucina italiana. Posso dire che potrei mangiare piatti italiani tutti i giorni, dai pizzoccheri della Valtellina alla polenta, alla pizza. La cucina italiana è davvero qualcosa di cui non potrei fare a meno.

Mantieni ancora dei legami con la comunità cinese di Milano?

Sì, sono sempre rimasto molto legato alla comunità cinese di Milano. In passato, sono stato anche vicepresidente dell’associazione del mio paese d’origine, Qingtian. La comunità cinese di Milano è attiva da più di 15 anni e, anche se ora non ricopro più ruoli di leadership, continuo a partecipare agli eventi e alle attività. È un’associazione molto grande e strutturata, e alcune realtà al suo interno collaborano anche con il consolato cinese. È un modo per mantenere vive le nostre tradizioni, ma anche per creare un ponte tra la Cina e l’Italia. Anche se ora vivo a Cantù da molti anni, la comunità di Milano resta un punto di riferimento importante per me.

Guardando al futuro, cosa speri per il tuo ristorante e per la tua famiglia?

Il mio sogno è che un giorno mio figlio Kevin possa prendere in mano il ristorante e portare avanti la tradizione di famiglia. Attualmente, Kevin sta studiando economia e finanza all’università di Hangzhou, in Cina. Ha scelto di proseguire i suoi studi lì perché vede molte opportunità nel mercato cinese, realtà dinamica e stimolante per un ragazzo di 25 anni come lui. Anche se è immerso in questo contesto accademico e finanziario, non escludo che in futuro possa tornare a gestire l’attività di famiglia. Naturalmente, sarà lui a decidere il suo percorso, io lo sosterrò in qualsiasi scelta farà. Nel frattempo, io e mia moglie continuiamo a gestire il ristorante con la stessa passione e tenacia di sempre.

E infine, concludiamo sempre con un pensiero rivolto ai più giovani. Quale consiglio daresti alle nuove generazioni che si affacciano oggi al mondo del lavoro o che desiderano intraprendere un’attività imprenditoriale?

Il mio consiglio ai giovani è di non avere paura del lavoro duro e dei sacrifici. Oggi, molti vorrebbero ottenere tutto subito, ma il successo richiede tempo, dedizione e pazienza. Bisogna essere disposti a rimboccarsi le maniche, imparare il mestiere e sudare un po’. È importante avere passione per quello che si fa, perché solo così si possono superare le difficoltà. Non bisogna scoraggiarsi davanti agli ostacoli, ma affrontarli con determinazione. Se si lavora con impegno e si punta alla qualità, i risultati arriveranno. Questo è vero in qualsiasi settore, non solo nella ristorazione. La costanza e la volontà sono le chiavi per costruire qualcosa di duraturo e di successo.

 

A cura di Caterina Malacrida

Leave a comment