IL SOGNO, IL PROGETTO, L’IMPRESA: IL RITORNO DEL COMO IN SERIE A

L’ex calciatore Thierry Henry con Mirwan Suwarso

Un sogno. Dopo 21 anni nel purgatorio delle serie minori, tra tentativi, fallimenti, vicissitudini di ogni genere, il Como è tornato nell’Olimpo del calcio italiano. Grazie agli ultimi cinque anni di oculata gestione della Sent Entertainment Ltd, la controllata londinese dei fratelli Hartono. A celebrarlo, in una bella serata di primavera vissuta al cardiopalma per il rischio della lotteria dei playoff fino al triplo fischio finale, una grande festa stracittadina. Una città completamente bianca e blu dove giovani, donne, uomini, intere famiglie, hanno sperato, sofferto e poi gioito tutti insieme allo stadio e in tanti locali che proiettavano la partita su grandi schermi. Un sogno, dicevamo, per tanti tifosi e cittadini, ma anche e soprattutto un progetto serio, quello della famiglia Hartono: capostipiti due fratelli indonesiani rispettivamente, secondo Forbes, al 71° e 76° posto della classifica delle persone con maggiore disponibilità economica al mondo, che hanno trasformato il Como 1907 nella società di calcio più ricca a livello italiano e tra le prime al mondo. Un progetto partito nel 2019, gestito attraverso un’impresa, che da quest’anno fa parte di Confindustria Como, che è riuscita dove altri, prima, avevano fallito. La sensazione, anzi la certezza, è che al sogno si sia arrivati non tanto, o non solo, grazie al capitale, ma attraverso un progetto complessivo che ha visto nel manager Mirwan Suwarso il grande regista. Ne parliamo proprio con l’uomo chiave che rappresenta direttamente la famiglia Hartono in Europa.

Mister Suwarso, nella magica serata della promozione in A, ai microfoni di Espansione TV concluse l’intervista, che tenne in inglese, in perfetto dialetto comasco dicendo: “Semm cumasch”, che è diventato anche il vostro slogan. In tutta sincerità, si sente davvero comasco?

Amo questa città ed è un onore per me essere parte del Como, da questo ne deriva l’obbligo di rappresentare il Club e la sua gente nel miglior modo possibile.

La scelta di Como per questa grande avventura nasce da un aspetto squisitamente calcistico o è legata alla città?

È stata più una coincidenza all’inizio, quando abbiamo comprato il Club non avevamo capito appieno il potenziale della città, ma più trascorrevamo tempo a Como e più la nostra passione per entrambi si rafforzava. In questo senso abbiamo intuito sempre più il potenziale che si poteva sviluppare per il Club e la città. Ai miei occhi sono due entità inseparabili.

Ora che il traguardo è stato raggiunto, state giustamente guardando al futuro. Ma facciamo un passo indietro: com’era il clima che ha percepito cinque anni fa al suo arrivo in città nei confronti della squadra?

Non sapevamo bene cosa aspettarci, volevamo solo far parte della comunità, ma nel corso degli anni stiamo vedendo sempre più fan e persone che apprezzano quello che facciamo qui. È veramente fantastico.

Cos’è cambiato da allora?

È uno scambio in due direzioni. Noi cerchiamo di ascoltare la gente e sembra che anche loro ci ascoltino e ci sostengano. Sento che stiamo lavorando insieme per costruire un legame più forte tra il Club e la città.

La sensazione è che dietro il traguardo raggiunto non ci sia solo l’indispensabile strategia sportiva ma un vero e proprio progetto che ha l’ambizione di coinvolgere tutto il territorio. Ci descrive cosa avevate pianificato nel 2019?

Non avevamo un piano dettagliato preciso, abbiamo avuto sempre un approccio “see as we go”, imparando di volta in volta. Poi c’è stato il Covid, che ha rappresentato un momento difficile perché abbiamo perso una delle persone che lavoravano da anni tutti i giorni per il Club, un momento che è stato toccante e che ha lasciato il solco anche tra i tifosi. Da quell’istante in poi ci siamo resi conto di quanto siamo uniti. I tifosi, il Club, e poi la città, tutte realtà che si sostengono a vicenda cercando di migliorare.

Quali sono gli ingredienti che hanno portato a questo traguardo in così poco tempo?

Non lo so, forse il buon senso e, perché no, anche molta fortuna. Cerchiamo di affrontare ogni problema nel modo più semplice possibile, così che tutti possano capire la situazione, per poi trovare soluzioni pragmatiche partendo da una chiara comprensione dell’essenza di ogni problema.

È noto che la famiglia Hartono ha grandi disponibilità economiche grazie ad un gruppo importante creato dal nulla tanti anni fa. Qual è il senso di un investimento nel mondo del calcio?

Non sono tifosi di calcio, ma pian piano ne apprezzano la passione. Sono uomini d’affari, che non prendono decisioni guidati dalla passione o dall’ego, ma solo dal pragmatismo. Questo è un bene per noi, perché ci dà l’input di costruire un progetto che possa rendere il Club sostenibile. Probabilmente abbiamo lo stadio e la fanbase più piccola del campionato in questo momento, il che significa che dobbiamo sviluppare altri flussi di entrate il più rapidamente possibile per sostenere le operazioni di calcio. Altrimenti diventa troppo speculativo e molto simile al gioco d’azzardo, e a loro non piacerà.

Restando in tema imprenditoriale, tra i vostri obiettivi c’è quello di collaborare con le aziende del territorio. Come può essere declinata concretamente questa collaborazione?

È un processo che richiede tempo, ma crediamo che possa avvenire e prosperare. Prima di tutto dobbiamo capire le opportunità di business locali e poi vedere come le nostre risorse possano aiutare ad accelerare la crescita. Si tratta di un processo di apprendimento, di tentativi e di errori da sperimentare insieme, fino a quando non funzionerà davvero.

Avete in programma azioni di carattere sociale?

Lo Stadio Sinigaglia

Noi sosteniamo la ONLUS “Quelli che… con LUCA” e il loro impegno nella lotta contro la leucemia infantile. Siamo tutti genitori e non vogliamo che altre persone debbano soffrire come ha sofferto Andrea (il papà di Luca, ndr).

Una delle questioni più importanti che vi siete trovati è quella dello stadio. Ci descrive il progetto nel breve termine per iniziare la stagione e quello più a lungo termine?

Lo stadio è una grande opportunità per il Club e la città. Abbiamo il privilegio di collaborare con la città per creare una struttura che possa essere tutto l’anno a disposizione dei cittadini. La visione è quella di creare un luogo utilizzabile da persone di tutte le età. Dagli spazi pubblici come la piscina, la palestra e il centro sanitario, fino ai centri di intrattenimento passando per gli spazi per riunioni ed eventi. È un peccato che uno spazio così grande venga utilizzato solo 19 volte all’anno. Per far sì che tutto ciò funzioni, stiamo lavorando con diversi esperti per ridurre al minimo il traffico e il rumore. Tuttavia, crediamo davvero che diventerà un luogo di cui tutti i comaschi potranno godere ed essere orgogliosi.

Perché non avete percorso la strada di costruirne uno completamente nuovo in zona meno critica, visto l’afflusso di decine di migliaia di tifosi che la Serie A comporta?

Nessuno lo vuole. I tifosi vogliono rimanere al Sinigaglia, la squadra ha sempre giocato lì ogni volta che siamo stati in Serie A. Tenete anche conto che avremo una capienza limitata, quindi i tifosi in trasferta non saranno mai migliaia, non vedo una situazione molto diversa da quella attuale.

Che Como sarà quello che si appresta a giocare in Serie A?

Speriamo che sia competitivo e divertente da guardare. Come quando siamo stati promossi in Serie B, è un nuovo livello e avremo bisogno di tempo per adattarci, ma crediamo di poter competere. Questa è la nostra mentalità.

Quale obiettivo vi ponete e come pensate di raggiungerlo?

Non vogliamo solo partecipare, vogliamo competere e divertire. L’allenatore affronterà sempre ogni partita con la mentalità di vincere, e per me con questa mentalità solo la nostra mente è il nostro limite.

Lo sport, è noto, ha una forte valenza educativa. Oltre alla squadra professionistica, pensate di declinare il vostro impegno anche nei confronti dei più giovani o delle scuole?

Sì, certo. Il programma di formazione è in una delle nostre roadmap e speriamo di svelare presto qualcosa di più al riguardo.

Ultima domanda: per quanti anni ancora i comaschi potranno vantare di avere uno dei Club più ricchi al mondo?

Dipende dalla gente. Non siamo ancora il Club più ricco del mondo, il Real Madrid guadagna molto più di noi. Tuttavia siamo convinti di essere sulla buona strada, ma è necessaria una grande collaborazione con le persone qui presenti in tutti i settori che spingeremo. Dico questo perché la ricchezza dei nostri proprietari non significa nulla per il Club, sono ricchi perché non sprecano denaro. Il Como calcio deve costruirsi da solo la sua ricchezza, e noi lo faremo.

A cura di Stefano Rudilosso