GIUSEPPE FONTANA RACCONTA VILLA D’ESTE

Giuseppe Fontana

Varcare i cancelli di Villa d’Este in un luminoso giorno di fine settembre è un’esperienza difficile da condensare in poche righe. Qui tutto è charme, a partire dai dolci viali che si diramano in rigogliosi giardini, dieci ettari di verde che compongono uno dei più suggestivi esempi di scenografia barocca in Italia. Alla reception, tra stucchi e volte decorate, una moltitudine di lingue diverse ben rappresenta la dimensione internazionale dell’hotel, meta privilegiata di una clientela esigente che da tutto il mondo arriva a Cernobbio per soggiornare in una struttura sinonimo di eleganza discreta e arte del ricevere. Siamo qui in occasione di un traguardo importante: l’albergo celebra quest’anno 150 stagioni e Giuseppe Fontana, Presidente del Gruppo Villa d’Este e imprenditore di successo nel settore meccanico (è Ceo di Fontana Gruppo, leader mondiale della bulloneria, recentemente insignito del Premio Impresa e Valore, ndr), ha accettato di rispondere alle nostre domande su passato, presente e futuro di una vera e propria istituzione dell’hotellerie italiana.

Dott. Fontana, 150 stagioni sono un traguardo importante: qual è il segreto del successo di Villa d’Este?

Villa d’Este è un’icona. La sua caratteristica principale è quella di avere una storia che si vede, si sente, si percepisce quando si viene qui, e al tempo stesso di essere sempre innovativa. Credo che essere stati in grado di mantenere una visione del passato importante e culturale, ma in un ambiente sempre nuovo e rinnovato, sia il fattore che ci ha permesso di rimanere sempre all’avanguardia in queste 150 stagioni. In realtà lo facciamo ancora oggi, facciamo innovazione continua nella tradizione di quella che al tempo di Carolina di Brunswick era chiamata Reggia Villa d’Este, e che nel 1873 è diventata albergo. La bellezza di questo luogo è messa a disposizione dei nostri clienti, che arrivano da tutto il mondo, anche se circa il 50% proviene dagli Stati Uniti.

Come mai Villa d’Este piace così tanto agli americani? Conta il famoso “effetto George Clooney” o c’è molto di più?

Sicuramente c’è molto di più. George Clooney ha dato un plus a tutto il lago di Como, ma la nostra storia nasce da lontano, da un lavoro fatto negli ultimi 50 anni, forse anche prima, con una forte presenza del nome Villa d’Este negli USA, unita a un modo d’essere del turista americano. È un successo che va oltre il passaparola: Villa d’Este è un marchio, un brand riconosciuto in tutto il mondo. Stanno crescendo anche i clienti che vengono dall’India e più in generale dal mondo asiatico, e questo ci fa molto piacere.

Quest’anno prevedete aperture straordinarie per le festività natalizie e Capodanno. Cosa vi aspettate dalla stagione invernale?

Sì, saremo aperti fino al 3 gennaio 2023. Abbiamo allungato la stagione proprio per dare importanza al 150esimo anniversario, e credo che questa scelta farà molto bene non solo a noi, ma a tutto il lago di Como. Noto che ultimamente sempre più spesso si parla di destagionalizzazione: noi quest’anno abbiamo colto l’occasione per testare l’apertura invernale anche per il futuro. Credo sia assolutamente fattibile, ma deve esserci un contesto adatto: non basta che restino aperti gli hotel, deve esserci a livello territoriale il contesto giusto per creare l’esperienza che i clienti cercano. Nei mesi freddi sul lago il clima potrebbe non essere dei più favorevoli, ma non è detto, e i turisti stranieri ora sembrano ricercare questo tipo di destinazioni anche in periodi meno “convenzionali”.

Quali sono le criticità di Como dal punto di vista turistico? Dove si potrebbe fare di più?

Credo si debba pensare a più servizi e a migliori servizi. Ciò non significa che non ci siano o non funzionino, ma aumentando il numero di turisti è naturale che servano più battelli, più viaggi sul lago, più trasporti. La mia non è una critica ma un fatto oggettivo. Bisogna allargare l’offerta, semplicemente perché sta aumentando il numero di persone che arriva in città.

Como sembra aver superato il periodo della pandemia dimostrando grande tenacia. Se l’anno scorso si sono registrate 1.1 milioni di presenze turistiche (51% in più del 2019), per il 2022 è previsto un incremento del 40% rispetto al 2021. Voi come avete reagito e risposto all’inevitabile impatto che l’emergenza ha avuto sulle strutture ricettive?

Abbiamo reagito all’emergenza con il cuore. Abbiamo tenuto aperto il più possibile, ogniqualvolta le disposizioni lo consentivano, perché eravamo convinti che bisognasse dare una risposta al territorio, ai clienti e soprattutto al personale che lavora con noi. Penso che questo sia stato molto positivo. Finalmente quest’anno si è percepita una sensazione di maggiore libertà e questo si è tradotto, come diceva, in un anno molto particolare a livello di presenze.

Nell’aprile scorso avete annunciato l’acquisizione di Villa Belinzaghi: come intendete integrare il complesso all’albergo già esistente?

Abbiamo iniziato a ragionare su come sarà, cosa sarà e che tipo di inserimento fare all’interno di Villa d’Este. Villa Belinzaghi è una struttura già presente nel comprensorio e ne farà sicuramente parte, stiamo decidendo ora le modalità.

Sono molto poche le imprese italiane a raggiungere un traguardo come il vostro. Recentemente al Corriere della Sera ha dichiarato che la struttura non è in vendita e che progettate future acquisizioni. Può raccontarci qualcosa in merito?

Villa d’Este è una location molto particolare e molto ambita. Riceviamo da sempre numerose richieste d’acquisto e abbiamo sempre declinato. Per il futuro stiamo valutando altre opportunità, ma non è una decisione facile, perché le location devono avere determinate caratteristiche. Il nostro Gruppo include già Villa La Massa, in Toscana, costruita alla fine del 1300, che con la sua rilevante dimensione storica offre un’esperienza all’altezza di Villa d’Este, oltre a due strutture 4 stelle nel centro storico di Como, con una magnifica vista sul lago (Hotel Barchetta Excelsior e Palace Hotel, ndr).

C’è una meta italiana in cui le piacerebbe aprire una nuova struttura per realizzare, come ha affermato, un “network alberghiero Made in Italy di alto livello”?

Potrei elencarne diverse, purtroppo non si può avere tutto (ride, ndr)! Le location italiane sono tutte bellissime, e, oltre a Como, nel nostro Paese ci sono tante altre città conosciute a livello internazionale. Come dicevo, però, la scelta dovrebbe privilegiare mete vicine alla filosofia di Villa d’Este e in grado di garantire una continuità di percorso alla clientela.

C’è qualche ricordo emozionante legato all’albergo, un’esperienza o un personaggio a cui è particolarmente legato?

I ricordi sono tantissimi! A Villa d’Este sono arrivate molte celebrities, anche l’ex Presidente USA Barack Obama, ma le confesso che, seppure questo mi faccia estremamente piacere, preferisco ricordare non tanto i personaggi importanti, ma soprattutto le persone “normali”, che vengono qui e ripartono con un segno nella loro dimensione più intima e personale. Ad esempio, mi hanno raccontato la storia di due giovani clienti che sono venuti in inverno: eravamo chiusi e loro erano su una panchina a scattarsi delle foto. Incuriosito, lo staff gli ha chiesto cosa stessero facendo e i ragazzi hanno mostrato un’immagine dei nonni che molti anni prima avevano scattato una foto sulla stessa panchina. Ecco, queste sono le storie che mi colpiscono di più.

A cura di Erica Premoli