Grande successo ed emozione di pubblico lo scorso 29 maggio per l’evento Africana alla Sala Bianca del Teatro Sociale, patrocinato da Confindustria Como, che ha visto, a fianco della presentazione del libro “Africana” (Feltrinelli editore 2021) con la curatrice Chiara Piaggio, l’esibizione di copricapi acconciature nell’ambito del progetto AFRICANA ideato e curato da Francesca Gamba e realizzato da scuola CIAS in collaborazione con Feltrinelli, Associazione Kibarè Onlus, Banco di solidarietà di Como e che ha coinvolto anche gli studenti dell’Istituto Superiore Starting Work e dell’Enaip di Como.
Di seguito il racconto dell’ideatrice e curatrice del progetto Francesca Gamba, docente al CIAS di Antropologia culturale della moda.
Tutto è partito dall’antologia “Africana” edita da Feltrinelli nel 2021 che, nell’offrire sguardi nuovi e molteplici sull’Africa da parte di narratori africani, mi ha portato nuovamente a riflettere e a far riflettere i miei studenti sulla storia coloniale di questo continente e sul razzismo sistemico che permane ancora oggi. Ma Africana mi ha spinto oltre e ha innescato la scintilla creativa per il progetto “Africana tra letteratura, moda e cosmesi”, un percorso nel quale gli studenti della scuola CIAS attraverso il loro saper fare e le loro competenze hanno interiorizzato l’esperienza conoscitiva, etica ed estetica sul continente traducendola in lavori di trucco, parrucco e cosmesi. L’Occidente per secoli ha costruito intorno all’Africa il proprio sogno confezionato di esotismo, ha forgiato un immaginario ingabbiato nei cliché. Oggi che finalmente l’Africa si racconta da sé, proiettandosi nel suo futuro, il viaggio attraverso questo continente è stato pieno di sorprese – senza aspettative etnocentriche – che hanno portato le scuole a costruire ponti e non muri tra Africa e Occidente.
Ed è così che il tessile ha giocato un ruolo fondamentale. La seta comasca delle aziende Clerici Tessuto e Taborelli, il wax della Ratti, tessuto emblematico dell’incontro e scambio di culture, si sono uniti in nome della multiculturalità, al faso dan fani che è il cotone organico del Burkina Faso realizzato con telai manuali dalle donne del villaggio Yaktenga, grazie a un progetto di microcredito gestito dall’associazione Kibarè. Stoffe per una sostenibilità sociale prodotte nel rispetto delle condizioni di lavoratori e lavoratrici e con un utilizzo fortemente etico. Stoffe che guardano anche alla sostenibilità ambientale dal punto di vista della tracciabilità, considerando che questo cotone biologico prodotto dalle donne burkinabè è uno dei pochi in Africa non coltivato con semi geneticamente modificati dell’azienda Monsanto.
L’esibizione, di grande impatto scenografico, prende spunto dal rivoluzionario natural hair movement degli anni Sessanta che manifestava il riscatto sociale e politico dei neri a partire dai capelli e dai loro copricapi durag. Non più capelli imbrillantinati e sottoposti alle torture della piastra, uomini e donne afro si sentivano finalmente liberi di mostrarsi all’Occidente così come Madre Natura li aveva splendidamente fatti, con chiome fluide e rotondeggianti, trecce e raccolti che riprendevano il loro paese e la tribù d’origine. Con questo bagaglio visivo ed antropologico, abbiamo ideato acconciature che mescolassero Africa e Occidente in nome di un giocoso, fluido e vitale intreccio di culture. Anche i trucchi hanno seguito questo mood facendo risplendere i volti di ragazze del Ghana e del Burkina con l’oro o con segni afro futuristi ispirati alle schede madre dei computer così come, fuori dai cliché, le grafie tribali dipinte su ragazze dalla pelle chiara prendono spunto dai disegni stilizzati degli affreschi murales con cui le donne dei villaggi dell’Africa sub sahariana dipingono le proprie case rivestendole di bellezza e di messaggi importanti.
E arriviamo al ruolo cruciale svolto dai tessuti. Le stoffe tra i capelli esprimono in questa esibizione di Africana, la rivalsa, sono il forte segno di rivendicazione perché all’epoca della schiavitù i tessuti costituivano una parte consistente nello scambio delle merci umane. Un bambino poteva essere barattato per appena qualche metro di tessuto di cotone, proprio quel tessuto che era prodotto dagli schiavi e che ha alimentato per secoli il commercio triangolare dell’Europa e delle Americhe. Se dobbiamo guardare al futuro e stimolare le nuove generazioni a tessere nuovi legami, bisogna prima però onorare la verità storica, per citare il filosofo camerunese Achille Mbembe. Con questa esibizione il tessuto tra i capelli diventa memoria storica e metissage che decreta l’unione dei popoli nel rispetto e nella valorizzazione delle diverse identità. Esempio quanto mai efficace di un intreccio di tastiere estetiche differenti sono i vari tessuti wax disegnati e realizzati da Ratti che sono stati inseriti in diverse acconciature esibite al Sociale.
Il progetto, che ha avuto il suo momento di condivisione con la città nella presentazione del libro e mini sfilata, si è articolato in altre fasi durante l’anno con un risvolto etico intenso legato all’iniziativa avviata con il Banco di solidarietà di Como. E sempre dall’Africa giunge lo stimolo e il percorso formativo. Partendo dal burro di karitè del Burkina Faso, le allieve di Estetica del CIAS hanno realizzato un vero e proprio prodotto di cosmesi, un cuore d’Africa con il packaging curato da Starting Work. Questi cuori sono stati donati a 350 famiglie bisognose del Banco di solidarietà, perché l’amore per l’altro si alimenta anche di coccole. Ciascuno ha il diritto di nutrirsi e di prendersi cura di sé anche con un piccolo dono che celebra la lavorazione artigianale e che ha reso le allieve del CIAS professioniste del cuore.
A cura di Francesca Gamba