RPE: 50 ANNI DI PASSIONE, INNOVAZIONE E IMPEGNO

A Carbonate, un piccolo comune al crocevia tra le province di Como e Varese, da 50 anni si producono valvole esportate in tutto il mondo: piccoli concentrati di tecnologia e innovazione che tendiamo a dare per scontati ma che ci permettono di gustare ogni giorno una tazzina di caffè, di irrigare il giardino, di fare il bucato o semplicemente di lavarci le mani. A realizzarle è RPE, eccellenza locale fondata nel 1972 da Giuliano Ravazzani, ora affiancato dai figli Filippo e Florinda. Ad accoglierci in sede ci sono proprio fratello e sorella che, come un team perfettamente rodato, rispondono alle nostre domande in modo complementare, aggiungendo sempre, tra una frase e l’altra, un rimando alla visione e agli insegnamenti del padre Giuliano, che permeano tutta la filosofia aziendale.

Quali sono le principali tappe della storia di RPE dal 1972 ad oggi?

Filippo, Giuliano e Florinda Ravazzani

RPE è nata come azienda operante nei settori delle elettroserrature, per poi avviare l’attività di progettazione e produzione di elettrovalvole e solenoidi in ogni suo componente: contalitri, riduttori di pressione e filtri. Nostro padre, Giuliano Ravazzani, ha iniziato ad operare nel campo dei ricambi per le lavatrici insieme a un socio subito dopo il servizio militare, quando aveva poco più di vent’anni. Da lì ha cominciato a verticalizzare producendo internamente le bobine, la plastica e occupandosi anche della tranciatura. Invece di seguire il mercato delle lavatrici, ha preferito diversificare. Producendo in casa i principali componenti, ha iniziato a sviluppare valvole per diversi mercati, dai sistemi di irrigazione ai distributori di acqua gasata. Con un primo ufficio di progettazione gli è stato possibile ideare e produrre valvole di svariati tipi, tutte realizzate in termoplastico. In questi 50 anni siamo diventati un punto di riferimento nel mercato delle elettrovalvole a livello internazionale, grazie alle tecnologie sviluppate e alla continua evoluzione nel mondo delle certificazioni alimentari ed elettriche.

Sulla vostra pagina LinkedIn campeggia la frase “Senza passione, non è mai stato fatto niente di buono”: cosa significa lavorare con passione per voi?

Il motto è legato a un’attitudine che arriva da nostro padre e che l’azienda ha fatto diventare un proprio punto di forza. È la passione nello sviluppare prodotti e linee di assemblaggio innovativi, nel lanciarsi in avventure sempre più ambiziose che ci ha portato a diventare quello che siamo, perché ci ha permesso e ci permette di affrontare e vincere le difficoltà quotidiane. Fare impresa oggi non è facile, di passione bisogna averne tanta, bisogna avere voglia di crescere e di migliorarsi ogni giorno. Per nostro padre, e per noi, è fondamentale credere in quello che si fa, aver voglia di fare, di realizzare, di costruire. Lo facciamo non solo a livello tecnico ma anche in ottica di capitale umano, per esempio dando importanza alla formazione interna: una sfida che per un’azienda delle nostre dimensioni non è scontata, ma in cui crediamo molto.

L’attenzione alla dimensione formativa vi ha portato a fondare una vera e propria corporate academy, RPSchool. Potete parlarcene?

Ci siamo resi conto che esistono due tipologie di persone che lavorano con noi: quelle “storiche”, che sono già coinvolte nel flusso di lavoro aziendale e hanno bisogno di rimanere aggiornate per alimentare idee innovative, e i giovani, che spesso vivono un distacco, un gap tra scuola e mondo del lavoro che va colmato. Il modello è mutuato da quello tedesco, che è estremamente efficace e permette di avere risorse giovani in posizioni di notevole responsabilità. È un modello che consente di avere un’azienda dinamica e frizzante. Non bisogna avere 50 anni per essere un responsabile di reparto. Con la giusta formazione, nella nostra struttura si può ricoprire un ruolo rilevante già a 30 anni.

Siete tra i soci della newco C-NEXT: perché questa scelta e quali sono i vostri obiettivi in ottica di innovazione e futuro?

Nel 2016, grazie a Confindustria Como, siamo venuti a conoscenza del percorso Ramp-up di ComoNExT. Vi abbiamo partecipato con il nostro ufficio tecnico che si dedica alla Ricerca e Sviluppo e ne siamo rimasti molto soddisfatti. Quando ComoNExT si è ulteriormente sviluppata, diventare parte attiva di C-NEXT ci è sembrata la naturale prosecuzione del percorso intrapreso. Da sempre crediamo nell’innovazione e nel futuro e questa newco è innovazione allo stato puro.

Avete giocato in anticipo anche a livello di welfare aziendale: cosa avete previsto per i vostri collaboratori?

Sì, cinque anni fa abbiamo fatto una “scommessa”, sia dal punto di vista sindacale sia nei confronti dei dipendenti, e deciso di attivare servizi welfare integrativi, dando ai collaboratori la possibilità di trasformare il premio di risultato in diverse tipologie di benefit, tramite una piattaforma digitale. Siamo stati tra i primi a farlo, quando eravamo ancora più piccoli: ora è diventato tutto di più facile e comune utilizzo, anche se penso che ci vorrà un po’ di tempo perché diventi una pratica consolidata.

Qual è il segreto della longevità di un’azienda come la vostra?

La longevità per RPE deriva da un insieme di fattori: diversificazione di prodotto, internazionalizzazione (il nostro fatturato è per l’80% realizzato all’estero) e dimensione familiare, oltre all’importanza di avere collaboratori che credono nell’azienda. E poi, sempre per citare nostro padre, è – o almeno dovrebbe essere – nel DNA di ogni imprenditore voler creare una realtà che duri nel tempo.

Uno degli obiettivi del 2022 è sicuramente l’apertura di un nuovo stabilimento di produzione. Quando è prevista?

Siamo in fase di finitura degli impianti, dovremmo completare i lavori entro l’estate. Fortunatamente cresciamo tanto e avevamo la necessità di nuovi spazi. Abbiamo trovato la location ideale qui vicino, in un’area che prima ospitava una ditta che produceva serramenti in legno ma che era ormai abbandonata. Abbiamo dovuto riqualificare completamente la zona per costruire una nuova struttura in classe A. È un capannone moderno, che utilizza strutture civili e non industriali, totalmente climatizzato, in grado di garantire la salvaguardia degli operatori a livello ambientale e un microclima controllato, dotato di tecnologie innovative per lo stampaggio plastico. Questo ci permetterà di raddoppiare l’area produttiva. Siamo leggermente in ritardo, ma se la macchina burocratica si velocizza dovremmo rispettare i tempi previsti.

Dopo questa espansione prevedete ulteriori assunzioni?

Al momento siamo 140, cresciamo di circa 10-20 unità l’anno e la nuova struttura sicuramente ci aiuterà ad alimentare la crescita. Collaboriamo con il Politecnico per il PMI Day, non abbiamo particolari difficoltà a trovare ingegneri neolaureati. A scarseggiare sono i profili tecnico produttivi e le figure senior. Come dicevamo poco fa, il nostro programma di formazione interno è estremamente ampio e investiamo diverse migliaia di ore in formazione gratuita per il personale perché abbiamo bisogno di collaboratori preparati. Grazie a una serie di figure che ci aiutano, seguiamo dei programmi specifici, che prevedono training iniziali e affiancamenti specifici. Normalmente un neodiplomato o un neolaureato segue un percorso di 30 mesi, che corrisponde più o meno all’apprendistato. In alcuni casi si trasforma in apprendistato, negli altri affianchiamo noi internamente la risorsa in base alla mansione che dovrà ricoprire. Non sempre però riusciamo a lavorare solo con profili junior. Per noi la difficoltà principale è trovare tecnici specializzati, soprattutto nello stampaggio termoplastico. Nonostante sul territorio sia un’attività estremamente diffusa, non ci sono più scuole che preparano i ragazzi per questo tipo di lavorazione. L’istituto tecnico professionale che c’era a Varese è stato chiuso, restano alcuni istituti legati ai Salesiani, come quello di Castelletto Ticino, che se ne occupano ma si concentrano più sulla realizzazione dello stampo in sé. È un paradosso: non ci sono scuole di stampaggio, nonostante tutti abbiano disperatamente bisogno di figure che sappiano occuparsene.

A cura di Erica Premoli