Guia Zapponi, regista e attrice affermata, si sente cittadina del mondo, ma da qualche anno è anche nostra concittadina avendo scelto la provincia di Como, in particolare Lomazzo, come luogo d’elezione per la propria vita insieme a sua figlia Ginevra. Nata a Milano, una formazione tra Genova e Londra, anni vissuti tra Roma, New York e Los Angeles, Guia Zapponi, in effetti, il mondo lo ha girato parecchio per costruire una carriera a 360 gradi tra teatro, televisione e cinema, sia sulla scena che dietro le quinte, come regista. Inizia la sua collaborazione con un maestro del cinema come Pupi Avati partecipando ai film Il figlio più piccolo, Una sconfinata giovinezza, Un ragazzo d’oro e Un Viaggio lungo cent’anni. Lavora anche con Carlo Verdone nel film Sotto una buona stella. Inizia, poi, una collaborazione con il regista genovese Ildo Brizi con cui gira due cortometraggi e un lungometraggio come protagonista assoluta dal titolo Danza Macabra che vince come miglior film di genere al Terra di Siena International Film Festival. Come regista debutta nel 2007 nel suo primo documentario girato in Mauritania, sostenuto dal Ministero dei Beni Culturali, sui cambiamenti climatici proiettato all’interno della settimana sostenibile dell’UNESCO a Roma. Si è cimentata nel cinema con la regia del suo primo cortometraggio dal titolo Paludi e il suo secondo corto dal titolo Una scatola piena di Luce, acquistato da Rai Cinema ha ottenuto una menzione speciale al Terra di Siena International Film Festival. Come regista firma tre documentari: Journey To Mauritania, Oman Expedition acquistato da De Agostini e il suo ultimo film Soul Travel prodotto da RS Productions branca di Rolling Stone Italia e uscito al cinema in tutta Italia ad agosto 2021 che ha vinto il premio di Miglior Regia di Documentari alla XXV edizione del Terra di Siena International Film Festival. Una carriera costellata di successi che hanno reso oggi Guia una matura e consapevole professionista.
Partiamo dall’inizio, Guia. Come nasce questa passione per la settima arte?
Potrebbe sembrare quasi una banalità, ma devo confessare che fin da bambina amavo giocare con una telecamera VHS che mi regalò mio papà. Complice anche la mia passione per la danza, amavo stare sul palco e mi esibivo recitando e ballando davanti alla videocamera con mio fratello che filmava e giocava a fare il regista e davamo spazio alla nostra creatività che i nostri genitori hanno sempre assecondato. In effetti questa libertà creativa ha avuto un risvolto per tutti noi tre fratelli, visto che mia sorella ora è pittrice e mio fratello è compositore e insegna musica a Strasburgo. Nel mio caso, poi, si è trattato anche di un atto di coraggio, perché a 18 anni ho deciso che fosse il momento di partire, di lanciarmi in un’avventura e ho preso il primo treno per Roma verso la mia formazione teatrale, senza sapere nulla del mio futuro. Faticoso, ma se dovessi tornare indietro lo rifarei.
Nella tua carriera si nota un’evoluzione che ti ha portato dalla figura di attrice a quella di regista. Com’è avvenuto questo passaggio?
Dopo quasi vent’anni di carriera come attrice, anche per conciliare le esigenze familiari con il lavoro che, per una donna separata con una figlia, diventano più complesse, ho dato ascolto a quella voglia di produrre e fare regia nata dentro di me quando, nel 2007, girai un documentario sul cambiamento climatico in Mauritania ed ebbi l’occasione di confrontarmi con la regia e la produzione. Nel tempo ho maturato la consapevolezza di essere pronta ad assumermi la responsabilità di un intero progetto com’è stato per il mio ultimo lavoro, Soul Travel, che ho presentato al Festival di Cannes di quest’anno e che è attualmente proiettato nei cinema italiani. E devo ammettere che mi piace gestire un team di persone, cosa che non accade con la recitazione.
Tu hai avuto l’opportunità di lavorare con grandi registi come Pupi Avati e Carlo Verdone. Puoi dire di avere imparato qualcosa da loro?
Certamente. Ho fatto tesoro di quegli insegnamenti che metti via e riesci ad utilizzare nei momenti più opportuni. Da Pupi Avati, per esempio, ho imparato il modo di gestire il rapporto con gli attori, come lavorare con loro, ho capito molte cose. Anche con Carlo Verdone ho potuto vedere come gestire il doppio ruolo di attore e regista, la fatica che si fa, ma anche la leggerezza, il gioco, il divertimento, il curare il dettaglio, in cui lui è assolutamente un maestro.
La tua vita sembra un viaggio. Hai vissuto in tante città diverse e ora hai scelto di fermarti a Lomazzo. Come mai hai scelto la nostra provincia diventando, come amiamo dire, una comasca d’adozione?
Quest’ultima è stata una scelta principalmente dettata dal desiderio di tornare ad abitare vicino a mia madre, in un periodo particolare della mia vita in cui ero in attesa di Ginevra. Ma al di là delle cause contingenti, e degli obiettivi futuri per raggiungere i quali vorrei tornare a Los Angeles magari in modo graduale, devo dire che anche qui in provincia mi trovo molto bene. I sette anni a Lomazzo (ride parafrasando il famoso film Sette anni in Tibet, ndr) sono serviti a farmi prendere coscienza e maturare i miei futuri obiettivi che mi porteranno di nuovo in grandi città. Ma amo valorizzare il posto dove sono, perché anche in un piccolo centro come Lomazzo ci sono persone interessanti e realtà che mi piace valorizzare come ComoNExT, che ha accolto con piacere la mia proposta di diventare una delle location del prossimo film che vorrei girare. E poi ammetto che lo spazio che ho avuto in provincia anche sulla stampa locale o i riconoscimenti ricevuti dalle istituzioni magari non li avrei ottenuti vivendo in una grandissima metropoli. Alla fine, mi reputo cittadina del mondo e ovunque io sia mi sento e sono connessa con tutto il resto del mondo.
Il tuo ultimo lavoro, Soul Travel, che hai presentato al Festival di Cannes è tutto improntato, un po’ come lo è la tua vita, sul tema del viaggio. Ma cosa significa per te viaggio?
Il viaggio è un percorso che ti porta da un punto ad un altro. Ma in questo tragitto ci possono essere tanti viaggi differenti. C’è il viaggio della ricerca di un cambiamento, il viaggio mistico, il viaggio alla ricerca dell’avventura. Ma in fondo tutta la vita è un viaggio. Se ti svegli da una sorta di torpore della quotidianità in cui siamo tutti inseriti e da una sorta di autoreferenzialità e inizi a guardare la vita da una prospettiva diversa, come spesso il cinema mi permette, cominci a percepire la bellezza di ciò che ti sta attorno. E allora anche gli accadimenti negativi li prendi con un’altra prospettiva, li consideri semplicemente occasioni per una crescita, un’evoluzione. E riesci a vivere la tua vita in modo più sereno. Certamente è una consapevolezza che può arrivare solo con l’esperienza, con la maturità, con il viaggio. Un viaggio che può essere fisico, ma soprattutto interiore.
In un certo senso si tratta di concetti che hai inserito in Soul Travel.
Sì, anche se quel viaggio è andato oltre le aspettative. L’imprevisto che ci è capitato, il gigantesco incendio a poche ore dalla vetta del Kilimangiaro, ci ha insegnato tanto. Quando ci sei in mezzo, quando la meta diventa fondamentale, un imprevisto come quello ti insegna che poi non era così fondamentale. Ti insegna che devi avere il coraggio di rinunciare, devi avere pazienza e fortificarti proprio attraverso una rinuncia, percependo però il valore del viaggio in sé. E questa è una metafora perfetta anche per la vita quando rincorri i soldi o la fama.
Nei tuoi lavori si percepisce un certo impegno. Nel senso che i tuoi film non sembrano caratterizzati solo dall’obiettivo di intrattenere ma anche di insegnare qualcosa, di trasmettere valori. Sei consapevole di questo?
Me ne sono resa conto, anche se confesso che non è mai stato un reale intendimento. Mi piace sicuramente raccontare, emozionare, ma non parto mai con l’obiettivo di voler insegnare qualcosa a qualcuno. Però capisco che non si può non lasciare qualcosa a chi guarda. E in effetti nel film a cui sto lavorando e che, come accennavo, si ambienterà anche a ComoNExT, ci saranno spunti utili, anche scientifici oltre che azione e intrattenimento.
Ci sono opportunità di collaborazione tra il mondo del cinema e quello delle imprese, anche locali?
In Soul Travel i partner tecnici sono stati fondamentali. E anche per il prossimo film le realtà imprenditoriali locali potranno essere protagoniste insieme agli attori. Per cui sono assolutamente aperta a collaborazioni sia tecniche che a quello che possiamo chiamare cineturismo, che invogli poi gli spettatori a visitare i luoghi ritratti nel film o ad avvicinarsi all’industria di cui si parla nell’opera.
Che cosa vorresti proporre alle aziende comasche?
Una formula interessante e vincente di collaborazione con le imprese locali che mi piacerebbe proporre è il corporate barter, una pratica commerciale diffusa negli USA, meno conosciuta in Italia.
In che cosa consiste il corporate barter?
È in definitiva un’operazione di scambio merce, servizi con servizi oppure servizi con prodotti, senza passaggio di denaro. Un baratto rivisitato in chiave moderna, che è previsto e regolamentato dalla legge italiana, particolarmente interessante in un contesto economico un po’ difficile per le aziende anche per mancanza di liquidità.
Che cosa significa la parola barter?
Letteralmente “baratto”, e quindi scambio tra due o più partner. In particolare il media barter è un’operazione di scambio merce per la fornitura di servizi pubblicitari in cambio di prodotti o servizi al cliente. Questo permette in particolare alle aziende di smaltire le merci invendute mediante un’opportunità di vendita alternativa che non interferisce con i canali tradizionali.
Ci puoi fare un esempio?
Sono a disposizione delle aziende per illustrare l’opportunità di partecipare al prossimo film che ho in cantiere attraverso la collaborazione di un importante media barter italiano.
A cura di Stefano Rudilosso