Ma partiamo dall’inizio, perché di storia, di cambiamenti, di rivoluzioni, ce ne sono state tante da quel lontano 1934, quando Celestino Milani aprì un bar nel centro di Como. “Un passo – ci confessa, divertito, Pierluigi Milani – che mio padre fece nonostante mia madre, originaria di Carate Brianza dove i suoi genitori gestivano una trattoria con stallazzo – l’alloggiamento per i cavalli di coloro che si spostavano in calesse, ci spiega di fronte al nostro punto interrogativo – si fosse ripromessa, una volta sposata, di non voler più stare nell’ambito della ristorazione”. Ma già dopo soli tre anni il bar dove Celestino, grazie alle sue conoscenze delle tecniche del vapore, offriva ai consumatori un caffè dall’aroma intenso e piacevole, diventò una piccola torrefazione subentrando nell’attività che un suo fornitore stava lasciando.
Fu l’inizio della lunga storia d’amore per la lavorazione del caffè che, nella famiglia Milani, si tramanda da tre generazioni. Con il suo ingresso in azienda negli anni Sessanta, infatti, in pochissimo tempo, Pierluigi Milani trasformò la piccola attività del centro storico di Como nell’industria che oggi ha ridisegnato lo skyline di Lipomo, alle porte di Como, grazie ad una recente trasformazione architettonica, unica nel suo genere, realizzata per celebrare il compimento degli ottant’anni.
“Una volta era tutta campagna: qui a fianco c’era solo la storica tipografia Cesare Nani, quella che stampava i certificati elettorali per tutta Italia – ricorda con una vena di nostalgia Milani che con l’ultimo nostro ampliamento abbiamo abbattuto per realizzare un nuovo edificio, integrato in Caffè Milani in modo da soddisfare un processo di lavorazione sempre più accurato e necessario per far fronte ai volumi richiesti dalla grande distribuzione a cui ci stiamo avvicinando sempre di più”.
Un percorso imprenditoriale che abbiamo il privilegio di ascoltare dalla voce del suo protagonista, Pierluigi Milani che, insieme a sua figlia Elisabetta, ci affascina attraverso un racconto che si fa a tratti amarcord e a tratti fine strategia.
Sono belli gli aneddoti “come quando – ricorda il Presidente della società – nel 1978, mentre visitavo le coltivazioni di caffè nell’Africa francese, chiusero gli aeroporti per l’imminente arrivo di Georges Pompidou, allora Presidente francese. Dal Camerun dovevamo recarci in Benin per poi tornare a Zurigo e, in assenza di aerei, suggerii al mio compagno di viaggio, uno dei più forti agenti di caffè che abbia mai conosciuto, che avremmo potuto prendere la macchina e attraversare la Nigeria in auto. Non l’avessi mai detto – ricorda, ridendo, Pierluigi Milani – mi guardò con un sorriso ironico e mi chiese se avessi avuto voglia di fare una brutta fine dopo 10 minuti di viaggio”. Ma lo spirito pionieristico di Pierluigi Milani non si risolse certo nel voler girare l’Africa in auto. Negli anni successivi, mentre l’azienda continua la sua crescita, sente che è necessario fare squadra e diventa socio fondatore prima del consorzio Grancaffè, al quale aderiscono undici torrefazioni da tutta Italia che uniscono le proprie competenze per ottenere il massimo della qualità da cui nasce la miscela Grancaffè, ancora oggi in gamma, e poi è tra i soci fondatori di IEI – Istituto Espresso Italiano, con l’obiettivo di difendere la qualità dell’espresso tramite una certificazione sensoriale e diffondere la cultura del caffè attraverso un’articolata serie di corsi. D’altronde, cultura e formazione sono due parole che in Caffè Milani assumono un’importanza fondamentale e prendono vita ogni giorno nella moderna e funzionale aula multimediale dove è nata l’Altascuola Coffee Training, che offre un sistema completo e avanzato di corsi di formazione e aggiornamento teorici e pratici legati alla qualificazione professionale nonché alla gestione del locale.
Ecco la vicinanza al cliente. Il mantra di cui parlava all’inizio quest’uomo che da sempre è un passo avanti, con lo sguardo rivolto al futuro, ma che ha sempre voluto mantenere un legame forte con il mondo che conosce bene, forse meglio di chiunque altro, quello del bar. “È un settore sempre più difficile – ammette con un velo di tristezza, Milani – perché, nonostante i nostri sforzi di fare cultura e formazione i costi sono sempre più alti, i margini risicati, e molti clienti vogliono solo forniture economiche per star dentro in quell’euro e dieci centesimi di prezzo al banco”. L’azienda comasca ha sempre guardato oltre e in questo momento è molto proiettata anche verso l’Oriente: “Un uomo d’affari cinese si è innamorato del nostro prodotto e ha voluto aprire diversi bar e pasticcerie in Cina con il nostro nome e, ovviamente, con le nostre migliori miscele”. Cina, ovvero tempio del tè, dove il caffè, soprattutto l’espresso, non è mai riuscito a penetrare. Ma Caffè Milani lo sta facendo un passo per volta, grazie anche al cambiamento dei consumi: “I giovani cinesi, i cosiddetti millennials – ci spiega Elisabetta Milani, responsabile marketing, parlando praticamente della sua generazione – stanno modificando i gusti.
Girano il mondo, studiano all’estero, si ispirano a nuovi modelli e, per nostra fortuna, stanno iniziando ad apprezzare l’espresso. Ovviamente, vista l’ampiezza di un mercato potenzialmente immenso, intendiamo alimentare questo canale. A proposito di canali – prosegue la rappresentante della terza generazione – nella nostra attività, la comunicazione digitale è diventata parte integrante della nostra vita. Intendiamo dialogare in modo diretto con i consumatori e, per questo, abbiamo attivato i canali Facebook, Twitter, Instagram, Youtube e LinkedIn, con l’obiettivo di appassionarli ai nostri temi, di coinvolgerli, di raccontare ogni giorno il nostro prodotto, non solo dal punto di vista tecnico ma anche rispetto alla cultura del caffè e al suo fascino a 360 gradi”. Già, raccontare. Il nostro racconto potrebbe finire qui, e sarebbe già tanto. Ma Caffè Milani ha tanto altro da raccontare. Nel nuovo stabilimento progettato dallo Studio Castiglioni & Nardi, c’è un’esposizione unica nel suo genere che ricorda tanto i padiglioni di Expo 2015. Il visitatore, infatti, viene immerso in una realtà meravigliosa, arredata con un fascino speciale dove nulla è lasciato al caso. Il percorso dovrebbe portare dal chicco alla tazzina, ma si viene distratti da mille interessanti dettagli. Da quel binario rosso, per esempio, che corre lungo tutta l’esposizione per entrare nella parte produttiva e descrivere, idealmente, ma non troppo, il viaggio del chicco di caffè dal coltivatore alla fabbrica. O, ancora, si viene attratti da un bellissimo ed enorme mappamondo in legno, che ruota sul suo asse, dove sono rappresentati, in tessuti colorati, i Paesi di origine del caffè.
Chi vuole fermarsi un poco e stupirsi davanti al sapere che circonda il caffè, può salire al sopralzo – biblioteca, con tanti libri che spaziano dalla sua storia alle tecniche di coltivazione e di estrazione, ricette, storie, leggende e tradizioni. Ci sono grandi foto dei più importanti porti del mondo, a render omaggio a questi centri nevralgici, cuori pulsanti dei commerci internazionali da cui, ovviamente, transitano il caffè e altre commodities.
C’è anche una vera e propria serra, perfettamente areata e irrigata, in cui sono coltivate le piante del caffè, con le loro foglie verdi lussureggianti, perché non tutti hanno idea di come nasca questa emulsione magica che ogni giorno troviamo nella nostra tazzina. E proprio a proposito di tazzine, in questo viaggio affascinante nel mondo, che si può compiere senza muoversi da Como, non poteva mancare un’immensa collezione di 700 tazzine che solo a guardarle rammentano epoche storiche, suscitano emozioni, descrivono usi e costumi. Tutte esposte in perfetto or- dine alfabetico, con le marche di tanti concorrenti che, con i loro loghi che hanno fatto la storia del design, dialogano con il visitatore. Come, del resto, fa l’altra importante collezione, quella delle caffettiere, che partono, con i primi rudimentali pentolini in rame di fine Settecento, per arrivare alle più recenti macchine da bar, dove, come ci fa notare Elisabetta Milani: “insieme alla macchina è cambiata la posizione del barista: se le prime, infatti, facevano mostra di sé per la carrozzeria particolarmente curata, ora non conta più quella caratteristica perché il barista dà le spalle al cliente in modo che quest’ultimo possa osservare tutta l’operazione di preparazione”.
Una preparazione che avremo visto cento, mille volte, appoggiati al bancone del nostro bar preferito, ma che dopo questo viaggio guardiamo con occhi diversi e con la consapevolezza dell’impegno, della dedizione, della passione che stanno dietro a quei sette grammi di polvere bruna che danno brio alle nostre giornate e che da tanti anni sono diventate un momento sociale fondamentale.
A cura di Stefano Rudilosso